Le sei lettere a Scalfari
La vicenda parte domenica scorsa. Sono state recapitate all'ufficio di smistamento posta della redazione e portate alla segreteria di direzione quattro lettere: tre hanno mittenti tedeschi fasulli (uno riporta l'indirizzo di tale Tim Muller, di Hagen, che la Digos ha già verificato essere inesistente), la quarta proviene dal Regno Unito. Sono inviate attraverso servizi postali nazionali, in un caso con un corriere espresso. La prima contiene una scatoletta, con dentro una bustina blu, che nasconde un altro involucro in plastica con della polvere marrone. È accompagnata da un biglietto intestato "Der Deutsche", che invita il destinatario a collegarsi a un sito di vendite online e lasciare un commento su quanto ricevuto. Appena si prova a farlo, il sistema antivirus del computer segnala il pericolo di infezione.
Polizia e carabinieri, dopo aver evacuato l'area dell'edificio che ospita gli uffici della direzione, hanno portato "il materiale organico" all'Ospedale Spallanzani per renderlo inerte. La prima analisi certifica che non si tratta né di materiale radioattivo né esplosivo, ma solo il laboratorio della Scientifica a Foggia ne stabilirà, con certezza, la natura. A un esame visivo ricorda sostanza stupefacente, come nel caso di una busta inviata ad agosto al segretario del Pd Zingaretti. Il "sistema" di spedizione emula quello messo in atto da chi vende droga nel Deep Web, la Rete sommersa e senza nome.
La Digos di Roma sta ricostruendo le tracce degli invii verificandone i mittenti, a partire da quelli tedeschi. Anche perché, nel frattempo, gli arrivi non si sono fermati. Lunedì ennesima lettera, ancora per Scalfari, spedita da un ufficio postale francese a cui è stata consegnata a mano. Il presunto mittente è la Archi Deco Lorraine di Moulins Les Metz, che però risulta in stato di liquidazione giudiziale da giugno. Ieri, la sesta: il mittente è di Amburgo, il contenuto pare il medesimo.
L'allarme bomba
Le lettere sono l'ultimo capitolo di una storia cominciata con una telefonata anonima nel tardo pomeriggio del 15 gennaio. "C'è una bomba nella redazione, esploderà oggi...", riferisce una voce maschile. La chiamata al centralino di Repubblica è ritenuta attendibile dalla Digos per cui l'intero palazzo viene evacuato d'urgenza. I giornalisti restano in strada per due ore, mentre una squadra di artificieri perlustra i piani, la mensa, le segreterie. È un falso allarme, con una coincidenza: quel giorno Repubblica ha aperto con un titolo in prima pagina che viene fatto oggetto di una campagna di veleno.
"Cancellare Salvini", è il titolo. Il riferimento, reso inequivocabile dall'occhiello arancione ("Immigrazione") e da un sottotitolo in cui sono citati i decreti sicurezza, è alle politiche dell'ex ministro dell'Interno, e alla modifica dei testi normativi, in nome della tutela dei diritti umani, auspicata dall'intervistato Graziano Delrio, capogruppo Dem alla Camera. In quel titolo non c'è alcun tipo di invito a colpire la persona del leader della Lega, è ovvio. E però Salvini, e con lui la destra sovranista, intravedono lo spiraglio per scatenare l'ennesima campagna contro Repubblica. "E poi loro sarebbero quelli che portano fratellanza e pace...Vergognatevi, vergognatevi, vergognatevi!", scrive Salvini su Twitter. La macchina della propaganda sovranista si mette in moto.
Minacce di morte a Verdelli
Il 16 gennaio il profilo "Cancellare Verdelli", creato ad hoc, twitta: "Carlo Verdelli, comunista ebreo, riprovaci un'altra volta e ti giuro che ti squarto come un maiale. #CancellareRepubblica". L'hashtag è accompagnato dalla foto di un coltello sporco di sangue. Passano tre giorni e all'indirizzo del direttore arriva una lettera dal sedicente gruppo "Calabroni con il pungiglione avvelenato", nella quale si legge: "I Calabroni, quale giuria popolare silenziosa sostenitrice del grande Capitano Matteo Salvini, a seguito del titolo da te diretto, ha deciso di estirparti mediante uso del veleno, sia per ingestione sia per contatto, ritenendoti un tumore maligno...". Seguono altre minacce, comprese quella di incendiare l'edificio del giornale, "preferibilmente in orario notturno".
L'odio monta. Il 25 gennaio, a quarantotto ore dal giorno della Memoria, il profilo twitter intitolato al medico nazista Carl Clauberg pubblica un raffinato fotomontaggio in cui Verdelli è internato in un campo di sterminio, alla cui nuca un ufficiale delle SS punta la pistola per l'esecuzione.
Il comunicato del Cdr
Non si ferma l'escalation di minacce e intimidazioni che hanno come bersaglio Repubblica e i suoi giornalisti. Dopo gli attacchi al direttore Carlo Verdelli, questa volta a finire nel mirino di anonimi vigliacchi è stato il fondatore Eugenio Scalfari, al quale sono stati recapitati alcuni plichi contenenti polvere bianca e messaggi vaneggianti. Il Comitato di redazione si schiera al fianco del fondatore e del direttore perché la Redazione farà sempre loro da scudo. E chiede alla comunità dei lettori di continuare a sostenere la battaglia civile e democratica che Repubblica combatte ogni giorno.
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