La democrazia sta cambiando. La sua declinazione è nata dall’idea fondamentale di determinare in anticipo e dunque in modo noto e pacifico, la forma e le modalità del governo. E’ diventata il modo di organizzare l’esercizio del potere, condiviso e diffuso. La volontà del popolo elettore legittima quella degli eletti. Questa, quindi, nelle forme della legge, cioè della regola coattiva, ancora una volta legittima il governo.
La forma legale della volontà popolare è diventata la realtà politica della democrazia cosiddetta occidentale. Che ha vinto la seconda guerra mondiale, ed ha garantito la stabilità e la relativa pace che ne sono seguite.
Sempre di più tuttavia la lentezza imposta dal rispetto delle forme giuridiche, da un lato ha consentito la loro interpretazione ed il loro adattamento al cambiamento. Dall’altro, ha sottolineato il ritardo conseguente ad ogni applicazione di una regola formale, nel rispondere al cambiamento impaziente. L’identificazione del bene pubblico da realizzare è naturalmente soggetto alla identificazione partigiana, questa è pura democrazia. Ma la stessa sovente ha identificato nelle forme giuridiche proprio la ragione della sua reale o pretesa mancanza di adattamento alla realtà.
Sto semplificando. Qualche volta è necessario. Perché i problemi, quando la loro soluzione sembra lontana, sono in grado di cambiare essi stessi le regole della convivenza.
Il ricorso alle destre in tutto il mondo è una realtà evidente. Essa è nata anche dalla sensazione diffusa della necessità di accelerare la soluzione dei problemi.
Grandi epidemie, conflitti fra nazioni e tra popoli, problemi mai affrontati prima ancora che irrisolti, hanno reso le nostre realtà statali incerte. Tutto, quindi, è sottolineato dalla povertà, motore dei poveri. Quella che spinge tutti coloro che mancano di ogni possibilità di sopravvivenza alla ricerca di ciò che non hanno. E la diffusa consapevolezza stessa della complessità di tutto ciò far rifiutare la lentezza, o ritenuta tale, delle forme democratiche. Si va istintivamente alla ricerca delle soluzioni più rapide.
Non è questo un fatto nuovo. Il principio del capo, in base al quale si assegna a chi guida una organizzazione pur dentro un ordinamento democratico e retto da attente forme giuridiche, il potere di risolvere secondo la propria personale valutazione le difficoltà che si presentano, è noto anche al nostro sistema. Esiste, nel mondo dell’impresa, la figura del capo dell’impresa. voluto come tale, come capo appunto, dalla legge.
Voglio dire che il potere di decidere sulla base della propria posizione la quale di per sé legittima le scelte, è situazione giuridica nota anche ad ordinamenti democratici costituzionalmente vigorosi come il nostro. Ma l’opinione pubblica politica, quella che chiede che i problemi siano risolti subito, non fa distinzioni formali. Essa sceglie fuori dai percorsi logici di origine formale. Da qui la diffusa tendenza a destra, in Italia, in parte dell’Europa, nel mondo.
La nostra Costituzione si trova oggi a governare una situazione storicamente inaspettata. La mente del costituente, quella che ha dato vita alla Carta, nel formalizzare un patto di coesistenza nazionale che riuscisse a governare anche ciò che al momento non si poteva immaginare, certamente non metteva tra il non immaginato la possibilità che, democraticamente e del tutto legittimamente, giungesse al governo del Paese, tenuto all’applicazione di quella Costituzione, una forza politica che non è e non si definisce antifascista.
Questo fa oggi dell’Italia un terreno di sperimentazione politica e sociale fondamentale. Perché mette insieme, governate dallo stesso patto sociale, culture diverse se non antagoniste. Non semplicemente divise dalla diversità politica. C’è qualche cosa di più, di molto più radicale, che oggi si osserva e che onestà intellettuale vuole che non venga ignorata. E chiede a quei principi costituzionali di essere adeguati a governare questa realtà. Osservando le leggi che da quei principi debbono nascere. Rispettando la stessa Storia.
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