Il criterio è sacrosanto: la tradizionale suddivisione per secoli è necessaria ma sempre piuttosto artificiosa, poiché i mutamenti storici non badano al procedere regolare del calendario. La svolta unitaria, per l’Italia, è certamente più significativa del meccanico passaggio di secolo che avverrà quarant’anni dopo: e l’esame esteso prende così un respiro più ampio e coerente, abitua a pensare che lì, in quella letteratura civile, sprofondano le nostre radici.
I Malavoglia o Pinocchio?
Il grande filologo Gianfranco Contini consegnò alla Sansoni, nell’anno di grazia 1968, un’antologia intitolata «Letteratura dell’Italia unita» avvertendo pur con tutte le cautele che l’Italia unita si poteva indubbiamente considerare un capitolo a sé nella storia della società e della cultura. Di conseguenza, i maturandi dovranno ora confrontarsi con lo spirito fondante del Risorgimento, con un pensiero di Mazzini e di Pisacane, potranno imbattersi in Francesco De Sanctis e in Luigi Settembrini, certamente dovranno fare i conti con Verga e il verismo, con la scapigliatura di Carlo Dossi, magari potranno inciampare in un passo di Ippolito Nievo o del grande Federico De Roberto. E chissà che non irrompa nella maturità persino Pinocchio, ammesso che sia finalmente previsto nei programmi, da cui finora è stato colpevolmente ignorato. L’estensione a ritroso interesserà più la prosa (non solo letteraria ma anche scientifica) che la poesia (forse Giovanni Prati, non certo i dialettali Belli e Porta…). L’obiezione linguistica cui si alludeva all’inizio resta legittima, perché più indietro si va, più le difficoltà di comprensione crescono. Con le dovute eccezioni: tra Gadda e il suo amato Carlo Cattaneo, quest’ultimo è un modello di chiarezza esemplare, anche se morendo nel 1869 entra nell’Italia unita con la punta di una scarpa (ma merita comunque un’eccezione).
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