Cosa
ne direbbe Giorgio Lago? Cosa ne direbbe della crisi, dell’eclissi del
federalismo, dell’antipolitica e delle difficoltà dei partiti. Una domanda che
ci siamo posti in tanti, in questi anni, e che segnala il grande vuoto lasciato
dal giornalista che ha inventato il Nordest. Ieri a Castelfranco, alla consegna
del premio a lui dedicato, Massimo Cacciari ha risposto a questa domanda
ricostruendone la biografia politico-culturale, e confrontandola con gli eventi
dell’attualità. Ecco una sintesi del discorso del filosofo.
L' inguaribile riformista. Giorgio Lago e la parabola del Nordest. Grandi pagine di giornalismo dal 1996 al 2005, Marsilio Editori
CACCIARI: I CAPISALDI DEL LAGO-PENSIERO:
FEDERALISMO, EUROPEISMO, LIBERALISMO
“Lago fu tra i primi negli anni ’80 a
individuare la crisi di sistema che poi si sarebbe manifestata dopo la caduta
del Muro, con le difficoltà della forma partito e il blocco decisionale che
affliggeva il nostro paese. Lui pensava che il sistema si riformasse a partire
dal federalismo, ma un federalismo colto e non straccione, aperto,
responsabile, opposto all’egoismo dei localismi, e quindi naturalmente
europeista. Niente a che fare, insomma, con l’antistatalismo reazionario, le
patrie inventate e i regionalismi delle piccole patrie, che diventano scimmie
del centralismo di Roma. Federalismo, dunque, europeismo e poi un liberalismo
di stampo americano, molto umano, niente a che vedere col liberalismo degli
anni ’90 che ha provocato l’attuale crisi, un liberalismo che implica che chi
ha più ricchezze ha anche più responsabilità”.
“QUELLO IN CUI LAGO SPERAVA È STATO SCONFITTO”
“Ebbene, bisogna avere il coraggio di dire che
tutto questo è andato incontro a una pesante sconfitta, sia in Italia che nel
resto d’Europa. Il federalismo quando va bene si è risolto in un regionalismo
angusto e nella protesta fiscale, ma in genere è stato messo all’angolo dai
tanti centralismi che affliggono ogni genere di partito e di sindacato,
compresi quelli di categoria. L’Europa, ammettendo nella sostanza il default
della Grecia, ha tradito se stessa e i suoi fondamenti, che escludevano che uno
dei suoi stati potesse essere lasciato fallire. Infine negli ultimi vent’anni
abbiamo avuto uno sviluppo economico che ha ignorato la giustizia, cosicché
sono aumentate a dismisura le disuguaglianze, con lo Stato incapace di gestire
questa degenerazione”.
“MA LAGO AVREBBE RILANCIATO LE SUE SFIDE”
Ebbene, Giorgio Lago – scomparso sette anni fa –
come avrebbe reagito nel suo disincanto a queste sconfitte dei suoi capisaldi?
“Nel suo disincanto – ha proseguito Cacciari -
egli aveva già intuito per tempo la fine delle illusioni della seconda
repubblica. Cosa direbbe oggi di fronte alla sconfitta delle sfide in cui
credeva? A mio parere direbbe che forse il federalismo e l’Europa Unita non
sono possibili, ma ciò non toglie che siano necessari. Si verificano dei
momenti nella storia in cui ciò che è necessario non è possibile, ma chi non
cerca l’impossibile rischia di non avere neppure il possibile. Per cui credo
che Giorgio avrebbe rilanciato un patto razionale fra le persone che vedono
l’utilità del federalismo, dell’europeismo e del liberalismo, andando a
ripescare i suoi interlocutori ovunque essi si trovino, nelle casematte
sfasciate dei vecchi partiti. E nell’ottimismo della volontà che lo
caratterizzava egli avrebbe pensato che la sfida sarebbe stata ancora
possibile”.
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