Vuoi sapere qual è il clima che si respira nelle nostre fabbriche? È questo: andate tutti affan...». Damiano Galletti, segretario della Camera del lavoro di Brescia, un bastione del lavoro e delle lotte democratiche, cerca di individuare il filo che possa spiegare il voto di domenica scorsa, alle politiche e alle regionali. La destra leghista e berlusconiana, pur indebolita, conquista ancora la Lombardia, ha una posizione rilevante in parlamento, blocca il Senato. Ed è un brutto colpo. Il pd, Umberto Ambrosoli si comportano bene, se si guardano le statistiche delle passate elezioni. Ma poi bisogna fare i conti con Grillo, la novità di un movimento che toglie voti a tutti gli schieramenti, si insinua trasversalmente nei ceti sociali, almeno così ci dicono oggi i politologi, e conquista rapidamente, quasi di sorpresa per le dimensioni e l’impatto politico, ceti popolari, lavoratori, operai.
Nelle regioni, nelle città “rosse” il Movimento 5 stelle ha ottenuto risultati impensabili, nelle roccaforti industriali lombarde la sua performance è minore, si muove tra il 14 e il 18%, ma il suo peso sociale e politico è sensibile.
La rabbia è un fattore politico Nei giorni precedenti il voto nelle fabbriche bresciane gruppi di lavoratori si sono messi a scherzare, gridando lo slogan grillino: «Arrendetevi tutti, siete circondati». Effetto del marketing politico dei 5 stelle? Possibile, ma c’è dell’altro che spiega, forse, la delusione per il risultato del centrosinistra. «La rabbia e la sofferenza dei lavoratori sono oggi fattori politici» argomenta Galletti, «la gente è stanca di pagare, di subire e di non avere mai risposte: non si può ancora quantificare, ma c’è stata certamente una fuga del voto operaio soprattutto dalla Lega e anche dal pd verso Grillo. Molti hanno cercato una risposta immediata alla propria condizione di difficoltà. I partiti tradizionali non hanno capito la dimensione e gli effetti della crisi sui lavoratori, sui pensionati, sulle famiglie».
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