venerdì 22 febbraio 2013

ITALIA. VERSO LE ELEZIONI. IL GIUDIZIO DI GUIDO CRAINZ, L'ESPRESSO, 4 febbraio 2013


Quando il centrodestra cadde a Milano nel maggio 2011, ricorda Guido Crainz, Massimo Gramellini e Michele Serra scrissero sostanzialmente la stessa cosa: sono finalmente finiti gli anni '80. Il decennio che, è l'ipotesi dell'ultimo libro dello storico ('Il paese reale', Donzelli), con la spettacolarizzazione della politica, l'abitudine alla corruzione e alla lottizzazione, ha rappresentato l'inizio del processo che ci ha condotti sull'orlo del baratro finanziario e morale di cui siamo stati e siamo testimoni. Classe 1947, udinese, ora dice: «Era un giudizio ottimistico: gli anni '80 non erano finiti, avevano solo mostrato il disastro in cui ci avevano portati. E io temo che questa campagna elettorale non ci consenta di vedere la luce in fondo al tunnel, non alimenti molto ottimismo».


Perché, Crainz?
«La prima impressione è che non ci sia una consapevolezza vera della posta in gioco. Sfugge un aspetto fondamentale: dobbiamo ancora fare i conti con le macerie della Prima e della Seconda Repubblica. E ragionare su questo, cioè su più di trent'anni di storia italiana, mi sembra sfugga in una campagna elettorale in cui fanno più paura le battute di Crozza che non gli attacchi degli avversari».

Politica e spettacolo continuano a confondersi.
«E' quello che sta succedendo. Santoro e Berlusconi sono due protagonisti di un processo iniziato negli anni 80. Non a caso nell'87 c'è la prima trasmissione di Santoro, la campagna elettorale della Democrazia Cristiana ha come slogan 'Forza Italia', viene eletta una pornostar, Ilona Staller, e alla fine di quell'anno abbiamo il primo esempio di predicatore televisivo con 'Fantastico' di Celentano».

Cosa manca, oggi?
«Mancano proposte radicali da parte dei partiti, tolto Grillo e l'astensionismo, sul rapporto tra cittadini e politica, e tra privato e pubblico. La consapevolezza che da questi punti di vista siamo già nel baratro mi sembra la cosa più clamorosa di questa campagna elettorale. E la spia più significativa di un disastro da cui non credo ci solleveremo facilmente».


Del resto non si erano mai tenute elezioni in un periodo storico in cui tre cittadini su quattro sono sfiduciati rispetto alle istituzioni, e solo il 9 per cento ha fiducia nel Parlamento...

«Questo è un punto centrale. Mi sembra che i partiti abbiano rimosso immediatamente i dati dell'astensionismo siciliano, che si somma naturalmente al fatto che Grillo in Sicilia è stato il primo partito, consolandosi col fatto che le proiezioni oggi danno un tasso di astensione più basso. Però una regione in cui non va al voto più della metà dei cittadini possibile non ponga un problema? E un livello di corruzione così esteso e tale da provocare ripulsa nei cittadini, possibile non ponga un problema? Le faccio un esempio».

Dica.
«Prendiamo gli scandali nella regione Lazio. E' evidente quello che è successo, l'uso di denaro pubblico da parte del centrodestra. Però è altrettanto evidente che questi abusi sono avvenuti nell'assoluto silenzio del centrosinistra: lo scandalo è scoppiato perché l'hanno denunciato i Radicali. Bene, uno si aspetta che il capogruppo regionale del Pd sia cancellato dalla politica. Invece attualmente è candidato sindaco a Fiumicino (parla di Esterino Montino, ndr)».

Quando nasce questo degrado?
«Il punto di partenza è l'estendersi della pratica della lottizzazione, della divisione dei posti negli enti dello Stato. Cosa che coinvolge i partiti fin dagli anni '70, quando nel 1976 il Pci si avvicina al governo e la discussione è se debba essere coinvolto o meno nella lottizzazione. Nel '77, all'indomani dei governi di unità nazionale, si vede che anche il Partito Comunista iniziava a essere coinvolto. La vicenda, evidenziata anche su 'Repubblica' da Scalfari, riguardava due enti: il primo era la Rai, il secondo era il Monte dei Paschi di Siena».

Sappiamo come è andata a finire.
«Stiamo parlando di lottizzazione, non di corruzione o indagini giudiziarie. Però è evidente che se mi danno l'anima per entrare in Rai punto a orientare i cittadini, è un vantaggio ideale. Ma se punto a entrare in una banca forse ho altri interessi, non ideali. E poi quando si accetta questa logica si inizia un percorso che di fatto, man mano che cala il rigore ideale, ha reso il passaggio dalla lottizzazione alla corruzione non automatico, ma molto probabile».

Come se ne esce?
«O si inverte la tendenza rispetto all'origine del male o non si va da nessuna parte. Io credo che questo disastro generale spieghi due cose, altrimenti assolutamente inspiegabili. Primo: perché non crolli nei sondaggi un ex premier, Berlusconi, che ha portato l'Italia sull'orlo del baratro e della vergogna. Secondo: un partito di opposizione che non sfonda oltre la sua area di influenza neppure di fronte al disastro del partito di governo. Questo è un dato clamoroso, un caso unico al mondo, che io sappia. Ed è particolarmente paradossale perché nel 2008 il consenso di Berlusconi era fortissimo, aveva 100 deputati in più. Quella maggioranza si è disgregata e poi dissolta, eppure il partito di opposizione non è riuscito a sfondare. Questo è un problema, il problema con cui misurarsi».

Invece sembra che il centrosinistra abbia sviluppato un complesso che non lo rende in grado di vincere.
«Più che un complesso c'è, nel centrosinistra, l'incapacità di proposte radicalmente innovative. E un eccesso di fiducia in se stesso, una incapacità di fare i conti con i propri limiti. Ci si è illusi fosse sufficiente l'usato sicuro. Ma non lo è, perché non ha dato una grande prova, né nella Prima né nella seconda Repubblica».

Cosa manca nel discorso del centrosinistra?
«Due punti: il primo, ineliminabile, sono proposte chiarissime, drastiche, sui costi e la moralità della politica; il secondo è dire cosa fare per rimettere in piedi il discorso europeo, che indubbiamente si è fermato. A questo modo è difficile contrastare populismo e antipolitica».

Il prossimo, secondo un'indagine della Stampa, sarà il Parlamento più giovane d'Europa. Segno che sta cambiando qualcosa?
«L'età è una condizione preventiva, non la garanzia del successo. Lo stesso si può dire per il mito della società civile. Non c'è dubbio che nel 1994 un pezzo di società civile entrò a gonfie vele in politica, riempì le liste e i seggi di Pdl e Lega. Era un pezzo di società civile cresciuto nel disprezzo delle regole, negli anni 80. Rimase fuori un altro pezzo di società civile, che ha una cultura riformatrice, attenta alle regole: quella trovò la strada sbarrata all'interno del conservatorismo della sinistra. Non conta di per sé l'apertura alla società civile, ma la qualità di questi innesti. Non direi che la società civile che è entrata nelle liste di Berlusconi e di Bossi abbiano rinnovato e migliorato la società italiana, credo abbiano fatto rimpiangere larga parte della classe dirigente della Prima Repubblica».


E' quanto scriveva Barbara Spinelli: 'Si sta scoprendo che la gente in Italia non è il cosmo rotondo e perfetto che fu vagheggiato all'inizio di Tangentopoli. Non incarna il bene né il vero né il bello. Non è il popolo buono che si oppone ai politicanti malvagi'. Vale anche oggi?
«E' molto più vero. Che poi è ciò che spiega perché Berlusconi non crollerà senza alternative vere. L'abbaglio del periodo 1992-1994 è che tutta la critica alla Prima Repubblica avesse un segno positivo: l'elogio della gente. Ma dentro si mescolavano molte cose. Ricordi che i più accesi sostenitori dei giudici di Tangentopoli erano Lega e Msi. Dentro quel clima c'era una richiesta di rinnovamento fortissima, e giustissima. Ma c'era anche molta antipolitica e molto sporco, molti umori cresciuti negli anni '80. Questo viene rivelato dalla vittoria di Berlusconi nel 1994. Domanda: l'Italia in questi venti anni di Berlusconi è migliorata o peggiorata? Secondo me è difficile pensare che sia migliorata.

Colpisce l'espressione che ha usato nel libro per descrivere gli effetti di anni e anni di malgoverno sugli italiani: una «disumanità sempre più interiorizzata».
«Io non ho dubbi. Altrimenti non riesco a capire come non ci siano sollevazioni di fronte a quello che abbiamo visto in questi mesi da parte del centrodestra. E' assuefazione, e l'idea che in qualche modo si può anche lucrare su questa vergogna».

Diversi commentatori hanno notato un fattore di novità rispetto al passato: l'irruzione di massa dei social media e di Internet nella politica.

«La diversità ci può essere, e positiva. Ma più che da storico vorrei risponderle da anziano. Tutto ciò che rafforza, arricchisce, integra la democrazia rappresentativa è fondamentale. L'idea, invece, che si possa sostituirla mi lascia perplesso. Dico da anziano perché capisco che non sono paragonabili, ma nei miei vent'anni il grande mito era di un superamento della democrazia delegata in nome dell'assemblearismo. Abbiamo scoperto presto i vizi interni e anche gli autoritarismi di quella forma. E teniamo conto che sia in assemblea che sulla rete è molto facile la manipolazione. Ecco, quando sento discussioni troppo entusiastiche su Internet ai miei studenti faccio questa confessione da vecchio: bisogna tenere conto che la democrazia rappresentativa è il cuore della democrazia. Perché io non credo ci possa essere democrazia senza partiti, ma ho molti dubbi che ci possa essere vera democrazia con questi partiti».

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