PERUGIA. Che caduta a precipizio, povera Università degli stranieri: l’ateneo di Perugia fondato nel 1921 era un vanto, un’eccellenza, qualcosa che dà identità e anima un’intera comunità, e invece da qualche anno cade a precipizio tra inchieste e bilanci in rosso. Nata in era fascista, prosperata nel regno d’Italia e divenuta icona nella repubblica - una versione bianca rossa e verde del Goethe Institut tedesco o dell’Instituto Cervantes spagnolo, un’istituzione fiorita per promuovere la lingua e la cultura italiana nel mondo - ha una sola alternativa in Italia, l’Università per stranieri di Siena. Ma quella di Perugia è la più antica e prestigiosa, ed è l’unica a fregiarsi del riconoscimento di membro effettivo dell’Alte, l'Associazione europea degli esaminatori linguistici.
Eppure l’ateneo è in crisi nera. Crisi di iscrizioni, di bilancio, di credibilità: un anno e mezzo fa, nel 2019, la polizia di Modena ha arrestato 5 persone - tre italiani, un marocchino e un tunisino - accusati a vario titolo di corruzione, falsità ideologica, truffa e contraffazione di documenti: secondo l’accusa si erano organizzati per far ottenere il permesso di soggiorno a stranieri che, in cambio di denaro, acquisivano pur non avendone i requisiti l’ambito “Celi”, il Certificato di lingua italiana emesso dall’Università per Stranieri di Perugia, lo stesso che serviva anche al calciatore Suarez. L’indagine coinvolse 25 persone: ruotava intorno a un “Centro di formazione linguistico” accreditato presso l’Università per Stranieri di Perugia, che forniva le domande d’esame e valutava le risposte emettendo il certificato.
Secondo gli inquirenti, con un esame taroccato gli arrestati – tutti esterni all’università - permettevano di conseguire l’attestato di conoscenza della lingua italiana con cui i cittadini stranieri potevano chiedere il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo. Gli agenti scoprirono tutto piazzando una serie di telecamere che dimostrarono come l’esame fosse un falso assoluto: agli stranieri venivano fornite le risposte già compilate da cui copiare, o venivano aiutati dalla commissione compiacente. Il giro di affari era diventato enorme: nelle sedi d’esame, sparse in varie città del nord fra Lombardia, Veneto, Trentino ed Emilia Romagna, più di seimila stranieri versarono centinaia di euro ciascuno per accaparrarsi il prezioso documento. Per dimostrare senza dubbio la truffa, gli inquirenti contattarono l’Università per Stranieri e fecero cambiare le domande a sorpresa: fu una strage, tutti bocciati senza appello. E la credibilità del “Celi” di Perugia iniziò a vacillare.
Il calciatore Luis Suarez all'arrivo all'università di Perugia
Quell’inchiesta e quegli arresti sono stati il primo grande schiaffo al buon nome dell’Università per gli stranieri di Perugia e della certificazione che rilascia. Ma la picchiata era già in corso. Il numero di iscritti è crollato in questi anni al lumicino, e la resa dei conti definitiva è iniziata lo scorso gennaio con una conferenza stampa durissima convocata dalla rettrice dell’Università per stranieri, Giuliana Grego Bolli, e dal direttore generale Simone Olivieri, entrambi oggi indagati per il caso Suarez, per rispondere alle accuse pesanti piovute sull’Università per Stranieri e rese note da un articolo di Repubblica. Tra “gli applausi fiume tributati da decine di dipendenti e professori in una sorta di rivendicazione d’orgoglio”, come raccontò Umbria24, convocarono i giornalisti a palazzo Gallenga per provare a scaricare sui predecessori la “gestione lacunosa e omissiva”, le “irregolarità amministrative e contabili” e la “situazione amministrativa grave e pesantemente confusa”.
Al centro del caso c’è un gigantesco buco di bilancio. Dalle casse dell’Università per Stranieri mancano 3,2 milioni di euro che un’agenzia cinese avrebbe dovuto versare per le quote d’iscrizione degli studenti, denaro che l’università non fu in grado di esigere. Per la rettrice e il direttore la colpa è dei predecessori: li accusano di “irregolarità” commesse prima del loro arrivo sostenendo di avere scoperto che sebbene nel 2019 il numero degli studenti cinesi iscritti ai corsi Marco Polo Turandot fosse invariato le entrate in tasse d’iscrizione erano drammaticamente inferiori a quelle del 2017. E, sostengono, saltano fuori così anche due convenzioni firmate nel 2015 “delle quali la precedente governance non si era neppure accorta” e che garantiscono sconti fra il 37 e il 39%. La difesa dei vertici è appassionata, ma le accuse alla loro gestione dell’istituto erano molto circostanziate e l’esposto alla procura e alla Corte dei conti aveva fatto scattare un’indagine che è diventata una beffa per la rettrice e i suoi collaboratori più stretti: è proprio indagando su quelle accuse che gli uomini della Finanza ascoltano telefonate e leggono conversazioni telematiche che li fanno saltare sulla sedia e che fanno esplodere il caso Suarez.
Perché al di là delle accuse che Grego Bolli e Olivieri tentarono di respingere addebitandole alla gestione precedente in cui oltretutto Grego Bolli era comunque coinvolta come prorettrice, la situazione amministrativa della prestigiosa università era un baratro passato per un bilancio che i revisori dei conti si rifiutavano di firmare, con un numero di iscrizioni crollato a 1.080 dai 2.700 di inizio secolo mentre si procedeva all’assunzione di altri 4 professori ordinari, aumentando dunque gli oneri di un bilancio già rosso fuoco per ragioni che forse avevano a che fare con favori e riassetti in ateneo più che con esigenze didattiche.
E mica è finita: ci sono pure le accuse di assenteismo per i dipendenti, che hanno portato a un blitz della finanza scattato il 22 novembre dell’anno scorso. Non è emerso nulla di illecito, assicuravano rettrice e direttore nella conferenza stampa auto assolutoria, “solo normali controlli periodici che non hanno portato ad alcuna contestazione”. Le contestazioni sono arrivate adesso, continuando ad ascoltare quello che succedeva in un ateneo in piena crisi etica e finanziaria nonostante il suo blasone, il suo prestigio e la qualità ancora eccelsa della sua didattica. “Helmut Berger era studente qui quando conobbe Luchino Visconti”, racconta il professor Fabio Melelli, docente a contratto di Storia del Cinema: “Non so come siano strutturati gli esami per le certificazioni della conoscenza della lingua italiana – racconta – ma so che molti stranieri che studiano qui per la certificazione ai livelli C1 e C2 parlano un italiano perfetto, a volte persino troppo: ragazzi, se andate a prendere un caffè al bar e usate i congiuntivi così bene mica vi capiscono, chissà cosa vi servono da bere…”.
E sono orgogliosi di essere iscritti qui anche gli studenti che in questi giorni difficili in cui la didattica si fa a distanza per il Covid vengono comunque per qualche ragione amministrativa: “Studiamo Comunicazione, il livello è eccellente, molto superiore a quello di altre università. Se poi combinano pasticci in amministrazione non lo sappiamo, ma del corso siamo molto soddisfatti”.
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