L’europarlamentare della Lega Roberto
Vannacci ha dichiarato a Bruno Vespa, nel libro Hitler e
Mussolini. L’idillio fatale che sconvolse il mondo (e il ruolo
centrale dell’Italia nella nuova Europa) (Milano, Mondadori-Rai Libri,
2024), che «l’espansione a est della Nato ha tolto progressivamente spazio
vitale alla Russia, costringendola a una guerra esistenziale». Così
hanno riferito numerosi giornali nell’ottobre 2024.
Oltre confine
Confesso che non avevo posto attenzione a
questa dichiarazione, che contiene una delle pochissime attestazioni di guerra
esistenziale in bocca a un politico italiano. Ci sono davvero
pochissime attestazioni di questa espressione in Italia. Riesco a citare solo
un post, del 13 giugno 2025, nei social (Facebook e Instagram) di Elisabetta
Piccolotti, di Sinistra italiana, nel quale la parlamentare cita l’espressione
in una lunga lista di guerre e violenze in corso nel mondo, ma con una evidente
presa di distanza, rappresentata dalle virgolette tra le quali è incluso
l’aggettivo: «l’invasione dell’Ucraina e la guerra ‘esistenziale’ che ha già
fatto un milione di morti».
Guerra esistenziale corrisponde
all’inglese existential war, presente anche nei titoli di alcuni
libri di politologi o giornalisti, che si occupano della guerra in Ucraina e
delle guerre in Medio Oriente, e delle loro prospettive: Ukraine’s
existential war dimensions of a global conflict, di Philipp H. Fluri e Lada
Lesya Roslycky, del 2023; Existential war. From disaster to victory to
resurrection, di Ari Shavit del 2024 (se ho ben capito, scritto in
ebraico); Existential war. The nature of Russia’s war on Ukraine &
Ukraine’s victory strategy, di Volodymyr Ivanenko, del
2025. L’espressione indica un conflitto percepito come una lotta per
l’esistenza di una nazione o di un popolo, che vedono in pericolo la propria
identità e la propria cultura, se non addirittura la propria sopravvivenza
fisica.
Pause
Se i politici italiani, dimostrando in
questo più provincialismo che spirito critico, non si sono appropriati
dell’espressione, i politici stranieri ne fanno un certo uso, e sulla loro scia
i giornalisti italiani che ne riportano le dichiarazioni o che le commentano.
Così, a proposito della guerra in Ucraina,
parlano di guerra esistenziale (ma verosimilmente, in origine,
di existential war) sia i russi sia gli ucraini. Per i primi,
Sergey Karaganov, che è stato consigliere presidenziale di Vladimir Putin ed è
tuttora un suo consulente, rispondendo a Federico Fubini per il «Corriere
della sera» l’8 aprile 2022, ha detto: «Siamo stati noi. Ora siamo sullo
stesso terreno dell’Occidente. L’Occidente ha scatenato diverse aggressioni.
Ora siamo sullo stesso terreno morale, siamo uguali. Mi dispiace che abbiamo
perso la nostra superiorità morale, ma stiamo combattendo una guerra
esistenziale». A sua volta, l’ambasciatore della Ucraina in Italia Yaroslav
Melnyk, intervistato da «Formiche», ha spiegato il 23 febbraio 2024 che «per
l’Ucraina questa è una guerra esistenziale, per la sopravvivenza e salvaguardia
della propria identità». L’espressione, pronunciata certamente dalla stessa
prospettiva dei rappresentanti ucraini, è stata fatta sua dall’alto
rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, che il 17 ottobre 2024,
nella fase finale del suo mandato, ha sostenuto che era necessario dare un
maggiore supporto aereo all’Ucraina, dal momento che «questa è una guerra esistenziale».
Dall’atto estremo alla
quotidianità
Nelle settimane più
recenti il principio della guerra
esistenziale è stato evocato anche a proposito della guerra tra
Israele e Iran. Come riferisce «Repubblica» il 16 giugno 2025, il premier
israeliano Netanyahu, durante una visita ad alcuni edifici distrutti dai
missili iraniani, ha proclamato: «siamo qui perché ci troviamo in una guerra
esistenziale, che ora è comprensibile a tutti i cittadini di Israele». Ma già
il 16 marzo 2025 aveva dichiarato, secondo il «Sole 24 ore»: «Israele è nel
mezzo di una guerra esistenziale su sette fronti».
L’espressione mi era finora sfuggita proprio perché è stata
generalmente riservata ai pareri e ai commenti giornalistici di politica
internazionale e non è quasi mai stata ripresa dai nostri politici. Ha
risvegliato la mia attenzione un articolo del quotidiano «Domani», datato 9
giugno 2025, intitolato Il bellicismo nelle parole, l’espressione
«guerra esistenziale» va respinta,
e affidato a Mariano Croce, professore di Filosofia politica alla Sapienza
Università di Roma.
Il titolo dell’articolo e le competenze dell’autore indicano che
la prospettiva da cui viene esaminata la sequenza guerra
esistenziale è ben diversa
da quella che coltiviamo in questa rubrica. Croce propone una spiegazione
dell’emergere di questa espressione, di cui, ovviamente semplifico moltissimo,
vede una funzione precisa, quella di alludere, forse anche con un tratto di
complicità, a qualcosa che negli ultimi anni si sta pian piano depositando
nell’orizzonte politico un po’ di tutti noi: la coscienza che sono finite le
cosiddette “guerre per procura” e che da un momento all’altro si possono
produrre «conflitti la cui estensione inerisce al profondo della nostra
quotidianità in modo diretto e potenzialmente fatale». Ma sullo sfondo si
annida l’idea secondo cui l’esistenza di uno Stato è sempre contro qualcuno, un
qualcuno che, minacciando la nostra stessa esistenza, ci autorizza ad avere una
disponibilità negli ultimi decenni impensabile a sostenere un atto estremo come
sono le uccisioni e la guerra contro chi minaccia la nostra stessa esistenza:
la guerra corre il rischio di diventare un elemento della quotidianità. Per
questo, da filosofo, dato che il concetto alluso da guerra
esistenziale rischia di
sedurre e attecchire, Croce conclude che «bisogna evitare ogni nostra
collusione, denunciarne la subliminale pedagogia guerresca e quindi bandirlo,
come si fa con il turpiloquio e le espressioni blasfeme».
In Italia siamo ancora ben lontani dalla situazione che è stata
così dipinta. Come ho detto, forse più per disattenzione da provinciali, che
per scelta. Resta il fatto che, per ora almeno, il turpiloquio batte, e alla
grande, la diffusione aperta del concetto di guerra esistenziale.
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