martedì 30 gennaio 2018

DA IMPRENDITORI DI SE STESSI A OPERAI DI SE STESSI. L'IMPORTANTE, IN ENTRAMBE LE PROPOSTE, E' NON CAPIRE NIENTE. A. DE GREGORIO, Cuneo, gli industriali ai giovani: «Se volete lavorare non studiate troppo, CORRIERE.IT, 30 gennaio 2018

Altro che astrofisici e glottologi. Ragazzi, «studiate» da operai. Niente università, niente liceo, per carità: percorsi di studio che alla fine, oltre al «pezzo di carta» e al titolo di «dottore», vi daranno poco o nulla. Se volete trovare lavoro, puntate su mestieri sicuri: operai specializzati, tecnici esperti nei servizi alle aziende, addetti agli impianti e ai macchinari. Il consiglio «orientativo» arriva ai ragazzi nientemeno che da Confindustria. È stato Mauro Gola, presidente della sezione di Cuneo dell’associazione degli industriali, a scrivere nei giorni scorsi una lettera aperta ai genitori che in queste ore sono alle prese con le iscrizioni dei propri figli alle scuole superiori. Suscitando polemiche a livello nazionale. La scelta giusta, suggerisce Confindustria ai ragazzi che stanno cercando di capire che cosa faranno, chi saranno da «grandi», non può essere frutto di voli pindarici che «danno più importanza ad aspetti emotivi e ideali piuttosto che all’esame obiettivo della realtà». Inutile seguire sogni e passioni.




Le professioni richieste
«Qualsiasi percorso scolastico individuerete, avrete fatto una buona scelta» - concede il presidente Gola -; ma, aggiunge, «è nostro dovere, come imprenditori, segnalarvi le esigenze delle nostre imprese». Meglio affrontare la realtà, quindi, «che si imporrà in tutta la sua crudezza negli anni in cui il vostro ragazzo cercherà lavoro ed incontrerà le difficoltà che purtroppo toccano i giovani che vogliono inserirsi nel mondo produttivo». Nel messaggio alle famiglie, ci sono anche i numeri: «Nel 2017 le aziende cuneesi nel loro complesso, hanno manifestato l’intenzione di inserire circa 40.000 nuovi lavoratori. Di questi, il 38% sono addetti agli impianti e ai macchinari, il 36% operai specializzati, il 30% tecnici specializzati (con evidente confusione di cifre: la somma dei tre dati supera il 100%, ndr). Queste sono le persone che troveranno subito lavoro una volta terminato il periodo di studi, di cui le nostre imprese hanno estremo bisogno e che spesso faticano a reperire». Professionalità, e richieste, precise. Le discipline umanistiche, le scuole d’arte, non vi rientrano. Ragazzi (e famiglie) sono avvertiti, con buona pace delle passioni e delle inclinazioni dei ragazzi.
Manager senza titolo
Gola (un figlio che frequenta il liceo Scientifico), ha poi precisato di non aver mai detto che i ragazzi non debbano andare al liceo e poi all’università. Ma, come ha scritto nella lettera, «riteniamo che la cosa più giusta da fare sia capire quali sono le figure che le nostre aziende hanno intenzione di assumere nei prossimi anni e intraprendere un percorso di studi che sbocchi in quel tipo di professionalità». E anche se il consiglio è mosso da «senso di responsabilità nei confronti dei nostri figli e del benessere sociale e del nostro territorio», come scrive l’autore del messaggio, non è certo risolutivo di uno dei principali difetti delle imprese italiane, guidate (fonte Almalaurea, ndr) da manager che per il 75% non sono laureati (50% in Germania). Anzi, per il 28%, non hanno titoli di studio che vadano oltre la scuola dell’obbligo. Non spingere i giovani a superare questo limite suona un po’ «di parte». E, soprattutto, rischia di condizionare in negativo le loro prospettive di lavoro per i prossimi lunghi anni.
«Meglio Gramsci»
Innumerevoli, in rete, le reazioni. A rappresentarle tutte basterebbe il tweet di @CarmineTomeo: « In un mondo di #precarietà ci dicono di studiare per un #lavoro, ma non per emancipazione sociale. Per #Confindustria si deve studiare per diventate operai o rischiare la #disoccupazione. Preferiamo #Gramsci: “Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”», scrive. Mentre qualcuno ricorda il suggerimento di Flavio Briatore in un intervento all’università Bocconi di Milano: «Fate un lavoro normale, magari apritevi una pizzeria. Così se fallisce almeno vi mangiate una pizza. Se fallisce la start up non vi rimane neppure quello».
Fake news
Quella che i laureati non trovino lavoro, però, sembra una «fake news», a leggere le analisi di Almalaurea. Che nell’ultimo rapporto ha spiegato i vantaggi occupazionali dei laureati rispetto ai diplomati: il tasso di occupazione della fascia d’età 20-64 è il 78% tra i laureati, contro il 65% di chi è in possesso di un diploma. Inoltre, nel 2012 un laureato guadagnava il 42% in più rispetto ad un diplomato di scuola secondaria superiore. Certo, il premio salariale della laurea rispetto al diploma, in Italia, non è elevato come in altri Paesi europei (+52% per l’Ue22, +58% per la Germania e +48% per la Gran Bretagna), ma è comunque significativo e simile a quello rilevato in Francia (+41%).

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