mercoledì 21 novembre 2018

EDUCAZIONE POLITICA E LETTURE CONSIGLIATE. A. CODACCI-PISANELLI, Cari ragazzi, ecco cosa leggere per imparare ad amare la politica vera, L'ESPRESSO, 22 ottobre 2018

Se un mattino d’autunno un ragazzo alla soglia del diciotto anni chiedesse un consiglio su cosa leggere per farsi un’idea della politica? Se, con l'aiuto di un professore illuminato, decidesse di mirare le sue letture scolastiche alla preparazione del primo appuntamento elettorale? Se cercasse rinforzi per non lasciarsi travolgere dalle bufere politiche quotidiane, che saranno pure tempeste in un bicchier d'acqua ma possono demotivare chi ancora non è stato chiamato alle urne?



La sua domanda l’Espresso l’ha girata a scrittori, storici, intellettuali. Che hanno risposto con entusiasmo. Accettando la sfida di indicare a un elettore di domani qualche bussola per orientarsi nel mondo della politica. Non solo saggi, ma anche romanzi e racconti che raccontino la “res publica”. Che facciano venire voglia di impegnarsi in politica. O almeno di non rispondere con l’astensione al primo appuntamento con una scheda elettorale.

Ne è venuta fuori una biblioteca invidiabile, che ha molto da consigliare anche a lettori adulti, veterani del voto ormai sfiduciati dalla vita pubblica. E un pantheon degli autori di riferimento che va da Altiero Spinelli a Stefano Rodotà, da Norberto Bobbio a Gitta Sereny. Ma anche grandi romanzieri come Primo Levi e Cormac McCarthy, George Orwell e Giorgio Bassani. Solo un libro è stato indicato due volte, quello, uscito postumo, di Alessandro Leogrande. Un onore, quello della doppia citazione, che il compianto giornalista tarantino condivide con due grandissimi: Hannah Arendt e Altiero Spinelli, anche loro citati due volte, ma per due libri diversi.

Il primo a consigliare “Dalle macerie” di Leogrande (Feltrinelli) è lo storico Adriano Prosperi, che in queste “Cronache sul fronte meridionale” trova «un buon esempio di impegno umano e quindi in senso ampio politico. Lo segnalerei ai giovani lettori per il modo in cui racconta esperienze dal vivo di migranti». Luigi Manconi invece lo consiglia «per capire che i confini sono tracciati dagli uomini affinché gli uomini possano superarli». Un motivo simile a quello per cui l’ex parlamentare sceglie “I sommersi e i salvati” di Primo Levi (Einaudi): «Levi ci esorta a lottare perché ciò che chiama materia umana - gli esseri viventi - mai venga ridotta a mera materia».

Per il resto, Prosperi trova che segnalare a un giovane un libro “politico” sia «una sfida davvero difficile, perché vedo una tale estraneità verso la politica negli italiani di tutte le generazioni...». C’è anche un problema pratico: «Parlare di politica senza aver studiato la storia del Novecento, che un ragazzo di 17 anni a scuola non ha ancora affrontato, è davvero difficile. Per questo gli consiglierei di partire da “Il secolo breve”».

Il saggio di Eric Hobsbawm, che certo breve non è (700 pagine nella traduzione pubblicata da Rizzoli), permette al giovane lettore di farsi un’idea del Novecento. Una base da completare con “Vivere la democrazia” di Stefano Rodotà(Laterza): «Una raccolta in cui si riassume tutto l’arco del suo impegno, dalle battaglie per i diritti civili ai problemi posti dall’attuale epoca dell’informatica». Ritorna al tema dei diritti civili il consiglio di narrativa: “Gli occhiali d’oro” di Giorgio Bassani (Feltrinelli), «perché racconta un uomo che, come omosessuale e come ebreo, sotto il fascismo soffre di una doppia discriminazione».

Per orientarsi nella politica bisogna conoscere la storia: è d’accordo con Prosperi Dacia Maraini, che per i suoi consigli però alla saggistica preferisce la narrativa, e sceglie «tre libri bellissimi, tre volumi da leggere con piacere che consiglierei a tutti, non solo ai diciassettenni». Si parte dal passato recente con “Un eroe borghese” di Corrado Staiano (Il Saggiatore): la storia di Giorgio Ambrosoli, l’avvocato liquidatore della banca di Michele Sindona che rifiutò di obbedire ai ricatti di mafia e politica e venne ucciso, «fa vedere come la criminalità organizzata possa infiltrarsi fino ai massimi livelli delle istituzioni».

Si passa a Gitta Sereny, «una scrittrice meravigliosa», per farsi raccontare la Shoah come un caso di cronaca: “In quella tenebra” (Adelphi),che racconta il comandante di Treblinka per ricostruire come siano nati i campi di sterminio e come molti responsabili siano riusciti a fuggire grazie a complicità insospettabili, «non è solo una testimonianza storica ma è il racconto di una scrittrice straordinaria». Per finire si risale al Risorgimento con Maria Attanasio, che nella “Ragazza di Marsiglia” (Sellerio) «riscopre la storia dimenticata dell’unica donna che partecipò alla spedizione dei Mille. Rosalia Montmasson si sposò con Francesco Crispi ma quando lui fece carriera si vergognò di avere sposato una popolana, la abbandonò dicendo che il matrimonio non era valido, e lei finì nel dimenticatoio».

Dalla storia alla cronaca, da una personaggio fondamentale dell’Europa a una polemica che tiene banco da mesi dagli Stati Uniti al resto del mondo: Helena Janeczek consiglia “Come ho tentato di diventare saggio” di Altiero Spinelli (Il Mulino) ma anche “Gli uomini mi spiegano le cose. Riflessioni sulla sopraffazione maschile” di Rebecca Solnit (Ponte alle Grazie). «L’autobiografia di Spinelli è un volumone che si legge con piacere e che riporta alle radici dell’idea di Europa unita. Il pamphlet di Rebecca Solnit invece parte da un problema che non riguarda solo gli Stati Uniti: quello che le americane chiamano “mansplaining”, cioè l’insopportabile tendenza maschile a spiegare in modo paternalistico a una donna anche cose che lei sa meglio di lui. E partendo da qui mette a fuoco in modo nuovo diverse questioni che riguardano la differenza e il rispetto tra uomini e donne, cioè il nuovo femminismo».

Per Valeria Parrella invece «chi vuole farsi un’idea di come avvicinarsi alla politica deve passare per la filosofia morale. Per questo consiglio due libri scritti quando si stava configurando un nuovo ordine politico del mondo: “Le origini del totalitarismo” di Hannah Arendt e “il principio responsabilità” di Hans Jonas», (tutti e due nella Piccola Biblioteca Einaudi). «Certo sono libri pesanti», ammette la scrittrice napoletana, «ma soprattutto quello della Arendt si legge con passione perché è scritto con il cuore. Racconta una pagina che oggi è importante ricordare, e cioè come il totalitarismo nasce con l’idea che l’altro non esiste, nasce dalla caccia all’ebreo, al rom, al diverso». Il libro di Jonas invece «articola la struttura che porta dal singolo all’istituzione, dal padre di famiglia – e quindi anche dalla madre di famiglia al Capo dello stato fino a Dio, parlando come se esistesse...».

Non filosofia morale ma “narrazione morale” è un punto importante nei consigli di Massimo Bray, direttore generale della Treccani. I suoi consigli sono “Guasto è il mondo di Tony Judt (Laterza) e “Il libro del potere” di Simone Weil (Chiarelettere). «Scelgo Judt perché in questo libro analizza con grande lucidità le illusioni e le gravi conseguenze del capitalismo finanziario e della globalizzazione. Per superare queste situazioni occorre cambiare punto di vista, pensare un modello di società più equa, elaborare una “narrazione morale”. Dobbiamo provare a interpretare il mondo con occhi nuovi e impegnarci a cambiarlo».

Un libro che spinge a fare, impegnarsi concretamente nella vita pubblica, insomma. Mentre il libro della Weil chiarisce cosa non fare, mai: accettare la violenza: «Nei tre saggi si sottolinea il rifiuto della forza e della violenza nella gestione della cosa pubblica, il valore del radicalismo per superare situazioni di ingiustizia, la ricerca di un linguaggio politico differente, condizioni necessarie per dare un futuro al mondo e un significato alla propria esistenza».

«Quando avevo diciassette anni c’erano due grandi questioni mondiali che sembravano impossibili da risolvere», ricorda Giuseppe Antonelli, «il conflitto arabo-israeliano e l’apartheid in Sudafrica. I problemi in Palestina in effetti sono ancora lì, ma il Sudafrica ha chiuso quella pagina, e lo ha fatto senza un bagno di sangue. Per questo consiglio di leggere l’autobiografia di Nelson Mandela, un libro che racconta una parabola umana e politica che riempie di entusiasmo». Accanto a “Lungo cammino verso la libertà” (Feltrinelli), lo storico della lingua mette «una distopia e un’utopia, “1984” e “Il manifesto di Ventotene” di Altiero Spinelli».

Il romanzo di George Orwell (Mondadori) «mostra i pericoli del totalitarismo, il modo in cui si impone un pensiero unico, e quindi mi sembra adatto per svegliare nei ragazzi la voglia di resistenza. A me che sono uno storico della lingua, poi, sta particolarmente a cuore perché la propaganda passa attraverso una ristrutturazione della lingua, l’imposizione della famigerata “neolingua”. E cono cose che stiamo vivendo ora, in Italia e nel mondo, anche se con tutt’altre modalità». Il libro di Spinelli (edito da Mondadori) invece è una lettura importante «perché è pieno di entusiasmo, e della fede in un’utopia che nasce dall’antifascismo e sogna un futuro che supera gli egoismi nazionali che oggi stanno riprendendo piede».

Anche Michela Marzano per i suoi consigli è andata a ripescare una lettura che è stata importante per lei: «Mi è subito tornato in mente “Fontamara”, che ho letto a quindici anni ed è stato importantissimo per me. Mi ha fatto sentire molto meglio di libri di storia e documentari la necessità di impegnarsi perché cose come quelle non accadano più. È una storia ambientata negli anni del Fascismo, ma ancora oggi mi sembra una buona lettura da fare nel momento in cui nei ragazzi si forma una coscienza critica. E poi è raccontata benissimo da un grande scrittore oggi dimenticato».

Se per scegliere il romanzo di Ignazio Silone (Mondadori) Michela Marzano ha ripensato a sé, per il secondo titolo si ispira ai suoi studenti: «Ai miei studenti del primo anno alla Sorbona faccio leggere “Destra e sinistra” di Norberto Bobbio (pubblicato da Donzelli, n.d.r.). In un momento in cui, in Francia come in Italia, tutte le politiche sembrano uguali in una confusione generale che porta al populismo e al qualunquismo, è importante spiegare che invece le differenze esistono e che ogni scelta politica ha una matrice ideologica: favorire i ceti privilegiati è una politica di destra, avere a cuore la giustizia sociale e l’uguaglianza è di sinistra».

Anche Massimo Cacciari resta in ambito universitario con due saggi, uno più divulgativo l’altro più impegnativo: “Titanic. Il naufragio dell’ordine liberale” di Vittorio Emanuele Parsi (il Mulino), «è una rassegna delle varie situazioni internazionali e un quadro del mutamento degli equilibri politici interpretati alla luce della fine di un’epoca, quella del welfare, della socialdemocrazia». “Persone e mondi” di Angelo Panebianco (il Mulino) «è un testo che propone tesi che stimolano la discussione e può orientare bene un giovane lettore rispetto alla situazione internazionale, evitando che resti inchiodato a discussioni sul governo attuale o sulla situazione politica italiana».

Roberto Esposito sceglie un testo di Hannah Arendt «un testo introduttivo dove fissa i concetti di base della sua interpretazione che vede della politica, che vede insieme discorso e azione». Ma trova anche un romanzo da consigliare: “La strada” di Cormac McCarthy (Einaudi): «Padre e figlio vagano in un mondo uscito da un disastro nucleare, un mondo di fantascienza spettrale infestato da bande di predoni, e devono ricominciare a vivere e riscoprire i fondamenti di una convivenza civile. Raffigura il mondo come sarebbe dopo una guerra, evenienza purtroppo sempre possibile, ma mostra anche su quali basi si costruisce una comunità».

Il destino della terra sta a cuore anche Carla Benedetti, che invita i giovani lettori ad alzare la testa dalla politica banale per aprirsi a pensare al futuro della terra. «Ho scelto due libri che danno una prospettiva più ampia sui rischi dei viventi, dei terrestri: il “Discorso sulle tre guerre mondiali” di Günther Andersh (il titolo è “I morti”, edizioni Medusa, n.d.r.) e “La grande cecità”, uscito da Neri Pozza: un saggio in cui Amitav Gosh, che è un grandissimo romanziere, si concentra sull’emergenza climatica».

Due titoli scelti per «allargare il campo, lasciando quello ristretto e poco interessante della politica italiana. Uscire dalla prospettiva piccola della politica egoistica odierna e allargare l’orizzonte a una politica dell’interesse del pianeta. Una politica che ancora non c’è, che è ancora tutta da costruire». Un domani che è giusto affidare ai diciassettenni di oggi.

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