Caro Galli della Loggia, mi permetto di scriverle in merito all’editoriale che ha pubblicato oggi (ieri, ndr). Io sono una madre, non un’intellettuale, una donna di 56 anni, che lavora come infermiera in una ottima struttura ospedaliera privata a Bologna, con 3 figli di età molto diverse, avuti a distanza di 9 anni uno dell’altro. Le preciso questo in quanto, in questo tempo, ho potuto toccare con mano tutte le scellerate e devastanti riforme scolastiche che la scuola e l’università hanno subito.
Io ho un’istruzione di scuola superiore e un diploma regionale convertito in laurea triennale e già per esperienza personale avrei molto da commentare sulla facilità di ottenere la conversione, ma diciamo che può essere lecito facilitare chi lavora e deve mantenere una famiglia. Non è lecito ma miope e scellerato rovinare un sistema scolastico. Io credo che se interrogassimo uomini dell’età di mio padre (anni 84, diploma di perito elettrotecnico alle Aldini di Bologna dell’epoca) e un neodiplomato di oggi in una qualsiasi materia di cultura generale, loro gli darebbero dei grossi punti.
Io ho assistito a scene di riunioni scolastiche in cui i genitori si arrabbiavano perché le povere creature avevano i compiti al sabato. E alla mia risposta «magari non siamo a Gardaland» venivo tacitata come l’Hitler materno. Non parliamo poi della deriva dei licei, i quali — anche quelli cosiddetti prestigiosi — hanno un chiaro meccanismo di non bocciatura perché ricevono sovvenzioni sul numero di promossi; per cui la meritocrazia è assolutamente assente. E dunque è stata una lotta controcorrente, perché i figli, educati nel rispetto delle istituzioni e anche nella difesa delle opinioni se ritenute giuste, hanno fatto non poca fatica a capire come mai compagni che non facevano nulla tutto l’anno alla fine prendevano il loro stesso voto con scuse tipo «ma da te ci aspettiamo di più» oppure «abbiamo premiato il suo impegno». Quale, quello dell’ultima settimana? O delle lezioni estive, perché tanto a settembre non si boccia nessuno?
Il mondo universitario poi è una giungla a sé. La mia grande (ora 36 anni e felice manager... in Irlanda, perché a noi piace formarli e mandarli via) ha fatto il politecnico a Milano. Niente da eccepire. La figlia di mezzo, triennale Alma mater a Bologna, specialistica alla Sapienza a Roma. Non ho spazio per esprimere la differenza. E credo che chiunque conosca Roma — lei certamente molto bene — non abbia bisogno di altri commenti. In tutto ciò, sempre le scellerate scelte di riforma, fanno sì che se mia figlia voglia accedere all’insegnamento debba fare una terza laurea. Questa volta a Trento dove ha seguito il fidanzato del luogo. E qui tutto funziona. Anzi, docenti di livello eccezionale con esami estremamente impegnativi. Com’è giusto per chi dovrà trasmettere il sapere. Il terzo deve decidere la facoltà (sta per andare in quinta liceo) e si trova bombardato di offerte formative che neanche un volantino Coop. Chi ci governa è specchio di questo. Quasi nessuno ormai raggiunge obiettivi un tempo ritenuti prestigiosi come una laurea con sacrificio, e la convinzione che tanto sia un pezzo di carta vuotamente avallata dall’Ignoranza imperante fa sì che sia tutto dequalificato e che un architetto debba prendere uno stipendio da commesso per 10 anni e ringraziare (con tutto il rispetto per i commessi) o andarsene dall’Italia. È permesso che un politico non parli italiano (non perché straniero) e che ministro dell’Istruzione sia una assistente sociale o un professore di educazione fisica, e che negli apparati statali e regionali imperi l’assoluto nepotismo. E poi... La lista è lunga ma sono convinta più che mai che l’ignoranza voluta sia la causa principale di ciò.
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