Quasi due anni fa iniziò la rivolta della Maidan. Dal momento che è scoppiata una guerra vera e propria nell’Europa orientale come conseguenza del fragile equilibrio tra la società civile ucraina ribelle e le vecchie classi dirigenti, la rivolta dell’inverno 2013/14 è passata come una svolta storica.
Vi è un certo consenso in Ucraina sul fatto che le proteste non erano state sostenute da partiti politici o da movimenti stranieri, ma era un frutto della società civile locale. Il consenso si estende anche al fatto che il movimento che ha avuto inizio a Kiev è stato un ultimo sussulto contro il dominio, la cultura e l'ideologia sovietici, una svolta veemente in direzione della modernità europea. Ma non vi è consenso sulla risposta alla domanda cruciale: “La Maidan ha avuto successo?”.
Il Paese sta lottando per riformare il potere
Altamente eterogeneo, il giovane movimento di rivolta ha fallito la sua riforma nel periodo caotico degli sconvolgimenti di piazza. A causa della guerra scoppiata nel Dombass, non è riuscito a formare nuovi attivisti e nuovi partiti, riducendosi invece ad essere assorbito dalle reti oligarchiche. È il solito vecchio gioco della politica e dell'economia che si ridistribuiscono il potere.
Le “nuove-vecchie” forze, rappresentate dal presidente e dal premier, hanno portato avanti alcune riforme, non lo si può negare: le cose si sono accelerate dopo la caduta del regime di Yanukovich. Il Paese è cambiato, il Paese doveva cambiare, se voleva sopravvivere economicamente, moralmente e addirittura come nazione. L’Ucraina è diventata più aperta, più autocritica. I riformatori dovevano sfidare il sistema costituito da decenni, il governo e i partiti lo sapevano, così come lo sapevano le forze della società civile che avevano dato al loro Paese una possibilità di svolta. Le elezioni parlamentari e le nuove leggi emanate rapidamente su modelli occidentali lo testimoniano. Dicevano i manifestanti: «Siamo in tanti e quindi possiamo fare qualcosa».
Le riforme non sono andate abbastanza in profondità, hanno detto gli altri, perché la società civile non ha pienamente accettato le sue responsabilità. Fino a quando il sistema fiscale e doganale, quello giudiziario e l'amministrazione non verranno riformati non cambierà nulla, o poco. Il governo è solo un “guscio” che protegge coloro che detengono nei fatti i soldi. Il progetto Ucraina 2.0 della Maidan sembra quindi fallito.
Ci sarà una terza Maidan?
Di grande importanza per la risposta a questa domanda sono le elezioni regionali e locali che si sono svolte domenica 25 ottobre. L’alleanza che sostiene il presidente Poroshenko ne è uscita molto indebolita, destabilizzando ancor più il Paese: soprattutto nella parte orientale, anche al di fuori dei territori occupati dai filorussi. La coalizione di Kiev potrebbe quindi cadere ora a pezzi con conseguenze che nessuno vuol immaginare. Il presidente non riesce ad essere un vero riformatore, ma un uomo del compromesso.
Le elezioni locali per il rinnovo dei consigli comunali e regionali in Ucraina sono state sospese in due città, Mariupol e Krasnoarmiys’k, a causa di errori nelle schede elettorali. Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha definito la sospensione delle operazioni di voto a Mariupol, la principale città dell’Est del Paese ancora in mano all’esercito diKiev, «una catastrofe» e ha chiesto l’apertura di un’indagine per verificare quanto è accaduto.
Conforta tuttavia il fatto che gli osservatori dell'Osce abbiano promosso le elezioni come «democratiche» e «trasparenti», nonostante l'annullamento del voto nella strategica città portuale di Mariupol, per il rischio di frodi legate alla stampa delle schede. Ma resta il monito a «proseguire le riforme», per la perdurante «complessità del quadro giuridico», per «il dominio di potenti gruppi economici sul processo elettorale» e «la mancanza di indipendenza dei media».
Elezioni politiche anticipate?
In ogni caso la classe politica ucraina vede le elezioni locali come un test per possibili elezioni politiche anticipate, che potrebbero tenersi nel marzo del prossimo anno. I sindaci e i rappresentanti dei consigli locali sono stati eletti per un periodo di due anni, da quando un progetto di riforme costituzionali esaminato dalla Rada, in conformità con gli accordi per la risoluzione del conflitto nell'Est del Paese, ha stabilito che le prossime elezioni locali si terranno nell'ottobre del 2017.
La riuscita di elezioni relativamente trasparenti ed eque pur in un Paese in guerra, soggiogato dalla crisi e dalla disoccupazione, è una vittoria indiscutibile per la democrazia ucraina. Si dice che non ci possa essere democrazia in un Paese in guerra. Al contrario, le elezioni del 25 ottobre hanno dato un segnale importante sulla forza e la crescita della democrazia ucraina. Il Paese ora chiede vere elezioni per sminuire il potere delle varie élite, dei progetti politici temporanei e dei diversi clan, perché cresca un sistema di partiti normale, come avviene nelle democrazie mature.
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