giovedì 2 giugno 2022

POLITICHE SANITARIE. I. CAVICCHI, Il governo decide di segare in due il medico di famiglia, IL MANIFESTO, 31 maggio 2022

 Governo, Pnrr, sanità: palazzo Chigi ha scelto come definire l’assistenza territoriale (Dm 71). E tutto sembra configurare un altro passo verso la privtizzazione. Il nodo “politico” da sciogliere è la questione antica dei medici di medicina generale (Mmg).

Il rischio serio è che il provvedimento si riveli come un flop con conseguenze pesanti per i cittadini e i loro diritti. Soprattutto perché sono convinto che oggi, dopo una pandemia, non basti potenziare il territorio come propone, il ministro Speranza, ma sia piuttosto necessario mettere mano a una riforma coraggiosa per rimuoverne le tante contraddizioni e le tante arretratezze a partire proprio dai medici di base.


Il medico di famiglia da sempre è considerato il vero punto critico dell’assistenza territoriale e il responsabile di tutto quello che non va. La sua debolezza-responsabilità principale è sempre stata quella di non essere un medico come gli altri cioè un dipendente pubblico, ma un libero professionista che alla fine non rispetta gli obblighi contrattuali sanciti attraverso la convenzione. Il cahiers de doléances è noto: non risponde al telefono, non visita a domicilio, non si fa mai trovare, a studio va poco, scarica tutto sulla specialistica e sull’ospedale ecc.

Naturalmente tra i Mmg esistono comportamenti deprecabili, ma è altrettanto vero che la categoria, ormai da decenni, è diventata ingiustamente il capro espiatorio delle contraddizioni di cui non ha colpa.
Sul medico di base si sono scaricate le profonde e pesanti trasformazioni etiche, sociali e culturali della società, alle quali si sommano i tanti diversi tagli, le politiche economicistiche delle aziende, le restrizioni di personale, la fortissima oppressione amministrativa da parte delle regioni.

Il peso e l’invadenza della burocrazia è pesantissimo, ma alle regioni questo aspetto non è mai interessato, e spesso succede che se il medico deve badare al computer non è in grado neanche di guardare con attenzione al paziente. La burocratizzazione è una lesione al diritto alla cura.
Le regioni e le aziende hanno un’altra enorme responsabilità politica: il controllo e l’adempimento delle convenzioni sottoscritte dai Mmg. Se avessimo fatto tutto quello che sta scritto nelle convenzioni il problema oggi non ci sarebbe. A me non risultano casi nei quali ai medici lavativi siano state revocate le convenzioni. Il controllo sul loro operato non c’è mai stato

Arriva la pandemia e quindi il Pnrr e ci si comincia a chiedere cosa fare. Chi colpevolizza la categoria sostiene l’abolizione delle convenzioni e il passaggio alla dipendenza pubblica (Regioni Cgil, alcuni sindacati minori); i presunti lavativi puntano i piedi e di rinunciare alla convenzione non ci pensano proprio (tutti i sindacati maggiori).
E’ inutile dire che entrambe le parti partono da un presupposto politico sbagliato e cioè che tutti i problemi legati al Mmg siano risolvibili semplicemente intervenendo sullo statuto giuridico del medico.

Il ministro della sanità sembra non capire che, in un caso come questo, bisognerebbe avere una idea di riforma, altrimenti si ritrova suo malgrado tra due fuochi: le regioni e la Cgil da una parte e i sindacati maggioritari dall’altra. Ed ecco la decisione di scegliere la soluzione “democristiana” che dovrebbe accontentare tutti, cioè si decide di ignorare le contraddizioni storiche, i problemi rivelati dalla pandemia. E cosa si fa? Al contrario di ciò che fece Salomone, si decide di segare in due il bambino conteso.

La proposta prevede di mantenere la vecchia convenzione ma il medico è obbligato a fare 20 ore nel suo studio come libero professionista e 18 ore nelle case di comunità come pubblico dipendente.
Cioè decide di segare in due il medico senza pensare che così facendo sega in due il cittadino e il malato, la cura, l’idea di assistenza, le relazioni tra malato e medico ecc.

Una scelta sciagurata. I sindacati dovrebbero sapere che così, di fatto, il vecchio medico di famiglia, anche per loro responsabilità, viene superato. E il ministro Speranza, come anche le regioni, che questa scelta si basa su un apriori sbagliato e pericoloso che è quello di credere che la somma giuridica di due mezzi medici siano in grado di garantire al cittadino un medico intero cioè una cura adeguata. In definitiva si compie un altro passo verso la privatizzazione dell’assistenza territoriale.

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