Roma, 1 dicembre 2023 – La priorità del rilancio del Servizio sanitario italiano. Tra il 2012 e il 2019 la spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil è passata dal 6,7% al 6,4%, nel 2020 del Covid è salita al 7,4% e poi è scesa di nuovo al 6,7% nel 2022. Dal confronto internazionale emerge che nel periodo 2012-2019 in Italia la spesa sanitaria pubblica ha registrato un -0,4%, in Francia un +15,0%, in Germania un +16,4% e in Spagna un +7,7%. Negli anni 2019-2021, per effetto della pandemia, in Italia si è registrato un +6,7%, in Francia un +8,8%, in Germania un +16,6% e in Spagna un +13,5%. Secondo la Nadef, nei prossimi anni la spesa sanitaria pubblica italiana in rapporto al Pil diminuirà fino al 6,1% nel 2026. Insomma, risorse pubbliche per il Servizio sanitario nazionale declinanti nel tempo e strutturalmente inferiori a quelle di Paesi simili al nostro. Un altro fronte critico è lo shortage del personale sanitario. Il tasso di turnover (il rapporto tra assunti e cessati in un anno) è pari a 90 per i medici e a 95 per gli infermieri. Data la elevata età media, si stima che tra il 2022 e il 2027 andranno in pensione 29.000 medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale e 21.000 infermieri. Sono numeri che confermano una fragilità che potrebbe determinare in futuro costi sociali elevati.
Gli effetti delle promesse tradite in sanità. Nell’anno trascorso il rapporto degli italiani con la sanità è stato segnato dalla presa d’atto della fine delle promesse. Per il 75,8% è diventato più difficile accedere alle prestazioni sanitarie nella propria regione a causa di liste di attesa sempre più lunghe. Il 71,0% dichiara che in caso di visite specialistiche necessarie o accertamenti sanitari urgenti è pronto a rivolgersi a strutture private pagando di tasca propria (al Sud la percentuale sale al 77,3%). A causa delle promesse mancate, il 79,1% degli italiani si dichiara molto preoccupato per il funzionamento del Servizio sanitario nel prossimo futuro, esprimendo il timore di non accedere a cure tempestive e appropriate in caso di malattia. L’esperienza delle difficoltà di accesso alla sanità radica nella coscienza collettiva l’idea che l’universalismo formale in realtà nasconda disparità reali, che ampliano le disuguaglianze sociali. L’89,7% si dice convinto che le persone benestanti hanno la possibilità di curarsi prima e meglio di quelle meno abbienti.
I volti del welfare aziendale. Tra i lavoratori persiste una certa confusione sul significato del welfare aziendale. Solo il 19,8% dichiara di sapere bene cosa sia, il 45,1% lo conosce a grandi linee e il 35,1% non ne sa nulla. Sono i numeri del gap esistente tra lo spazio effettivamente conquistato dagli strumenti del welfare aziendale nelle scelte normative e nella contrattazione aziendale e il suo riconoscimento diretto e compiuto da parte dei lavoratori. Per le imprese il welfare aziendale è diventato una delle leve con cui attirare e trattenere lavoratori, e per stimolarne l’engagement offrendo dispositivi che, oltre a integrare il reddito, alleviano difficoltà della vita quotidiana dei lavoratori, a cominciare da una migliore conciliazione tra i tempi della vita privata e quelli del lavoro. Oggi l’81,3% dei lavoratori valuta positivamente lo smart working proprio perché consente una migliore conciliazione tra famiglia e lavoro.
L’inclusione digitale. L’88,7% degli italiani considera la connettività a internet un diritto dei cittadini al pari della tutela della salute o della previdenza. L’80,8% è convinto che l’accesso al web dovrebbe essere gratuito (solo il 19,2% è contrario. Ne sono particolarmente convinti i giovani (84,5%). Secondo il 46,2% degli italiani il riconoscimento della connessione come un diritto, addirittura da garantire gratuitamente a tutti, andrebbe finanziato con un’adeguata compartecipazione economica da parte dei grandi generatori di traffico sulla rete, come Google e Meta, mentre per il 34,6% bisognerebbe attingere alla fiscalità generale. Il 10,9% è invece contrario al ricorso al fisco e per l’8,3% ciascun utente dovrebbe pagarsi per intero la propria connessione. Il 67,6% degli italiani sostiene che, se le nuove tecnologie saranno facili da usare per tutti, potranno dare un grande contributo alla riduzione delle disuguaglianze sociali. L’85,8% reputa importante che sia diffusa un’informazione scientifica di facile comprensione per tutti sugli effetti delle nuove tecnologie.
Il ruolo del risparmio per i pensionati. Le pensioni non esauriscono l’economia della longevità. Il 65,3% degli anziani ritiene che la pensione percepita da sola non sia in grado di garantire il benessere nella terza e quarta età. L’84,6% dei longevi ritiene che per garantirsi una vecchiaia serena sia fondamentale investire i propri risparmi. Oggi il 41,0% degli anziani risparmia regolarmente e il 28,0% di tanto in tanto. Del resto, gli anziani spesso continuano a garantire un supporto economico a favore dei familiari più giovani, figli e nipoti. Nell’ultimo anno lo ha fatto il 42,0% degli anziani. Spesso le risorse degli anziani, in particolare dei pensionati, sono il polmone finanziario a tutela della rete familiare.
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