venerdì 27 settembre 2013

ITALIA. STATO SOCIALE ASSURDO. RITA QUERZE', Il paradosso dell’assistenza che va alle famiglie più ricche, IL CORRIERE DELLA SERA, 27 settembre 2013

Il 37 per cento della spesa assistenziale va alle famiglie più ricche

Quanto si spende in Italia per l’assistenza a chi è in difficoltà perché non autosufficiente o semplicemente per colpa della povertà? Sessantasette miliardi l’anno. E si sapeva. Quello che fino a ieri non era per nulla chiaro era come vengono distribuiti questi soldi. Chi se li mette in tasca per davvero. Bene: oggi anche questa secondo cruciale aspetto è stato chiarito. Il 37 per cento della spesa assistenziale – tutte le risorse di origine fiscale spese per i bisogni sociali di chi è in difficoltà – va alle famiglie più ricche.



Per dirla con le parole degli esperti che hanno seguito il monitoraggio, «il 37% dei fondi va ai cinque decili della popolazione che può vantare i redditi più alti». L’indagine che ha messo in evidenza un paradosso (sospettato da molti per la verità) è stata condotta dall’Irs, istituto per la ricerca sociale di Milano, insieme con il Capp, centro di analisi delle politiche pubbliche, con il patrocinio della fondazione Cariplo. Lo studio raccoglie l’eredità del lavoro condotto a metà degli anni ’90 dalla Commissione guidata dal docente dell’Università di Bologna Paolo Onofri. E ha il pregio di monitorare contemporaneamente vari tipi di spesa: le erogazioni dell’Inps, quello che arriva alle famiglie con le detrazioni fiscali, la spesa degli enti locali e quella delle regioni a cavallo tra sanità e assistenza.
Emanuele Ranci Ortigosa dell’Irs e Paolo Bosi del Capp vanno oltre la rappresentazione della realtà. Con una proposta concreta. «Sia chiaro: la spesa assistenziale italiana è inferiore alla media europea. Nello stesso tempo è d’obbligo tenere conto della situazione dei conti pubblici. La riforma del welfare non può attendere. E molto si può cominciare a fare concentrando la spesa assistenziale su chi ha davvero bisogno», va al punto Ranci Ortigosa. Insomma, si tratterebbe di spostare il 37 per cento che va nelle tasche di chi sta discretamente, o addirittura bene, per portarlo nelle tasche di chi ha davvero bisogno.
«Non dimentichiamo che le famiglie in povertà assoluta sono passate dal 4 all’8 per cento dal 2005 a oggi – continua Ortigosa -. Non possiamo più permetterci certe sperequazioni. Pensiamo solo al fatto che oggi le detrazioni fiscali per le famiglie sono una forma di agevolazione che lascia fuori tutti quelli che non hanno alcun reddito». I ricercatori dell’Irs e del Capp hanno messo a punto una proposta di riorganizzazione della distribuzione delle risorse concentrata su tre capitoli: famiglie con figli, non autosufficienza, contrasto alla povertà. All’idea del Sia, acronimo che sta per “sostegno inclusione attiva” proprio per il contrasto alla povertà ha contribuito anche questo gruppo di lavoro. Certo la proposta è ambiziosa, si tratterebbe di coordinare i vari enti che oggi gestiscono i diversi capitoli di spesa. Senza contare che togliere a chi ha già è sempre impopolare. Ma l’emergenza è seria. E vale la pena interrogarsi.

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