mercoledì 4 settembre 2013

IDEE E TEORIE POLITICHE. ALBERTO ASOR ROSA SULLA SINISTRA. SIMONETTA FIORI, Alberto Asor Rosa: "Dobbiamo recuperare il senso di superiorità", LA REPUBBLICA, 24 agosto 2013

MONTICCHIELLO (SIENA) - "Ho passato tutta la vita a considerare me un radicale e moderati gli altri, naturalmente tra i miei amici di sinistra. Alla soglia degli ottant'anni mi spiacerebbe ricredermi". Dalla sua casa toscana di Monticchiello, in ampie distese che mescolano cultura e natura, Alberto Asor Rosa non rinuncia alla sua indole palindromica, dettata dal celebre cognome. Maestro indiscusso nel proprio sapere e intellettuale vocato all'eresia. Paladino della classe operaia e difensore della letteratura alto-borghese. Ragionatore forte, capace di articolate sistematizzazioni, ed emozionato narratore di sentimenti. Dopo una vita da "disobbediente", ora si scopre "moderato". "Nel senso che non sono disposto a saltare gli ostacoli. Il moderatismo cerca di portare avanti le cose, anche le più estreme, ricavandole dal loro sviluppo reale. Oggi nei radicali, ossia nei miei amici e fratelli, c'è la tendenza prevalente a saltare gli ostacoli".

Un Asor dalle larghe intese è poco convincente.
"Me ne guardo bene, infatti. Solo che ora non capisco le fughe in avanti che trascurano le dimensioni dell'esistente. A differenza di alcuni miei amici, sono persuaso che per rimettere in moto un movimento di sinistra sia necessario che il Pd riesca a superare l'attuale impasse. Ma in diversi pensano che questa ripresa sia impossibile. E che sia necessario fondare altre forze politiche".

Quindi ha ancora senso oggi parlare di sinistra.
"Sì, certo. Ma tenendo conto di un elemento che mi sembra sia stato trascurato".

Quale?
"Che la storia della sinistra è strettamente intrecciata alla storia del pensiero dialettico. E questo non a caso. Quando la sinistra si manifesta, alla fine del Settecento, e quindi si manifestano le prime consistenti espressioni del pensiero dialettico, in ambedue i casi ciò avviene perché la società circostante si spacca in due. E si spacca in due materialmente prima che intellettualmente".

È la storia della classe operaia.
"Appunto. Una lunga storia da cui non sono dissociabili Hegel e Marx. Oggi la situazione sociale ed economica tende a rendere più irrilevante il conflitto, o per lo meno a nasconderlo dietro paraventi di ogni natura. La crisi agisce nel senso di attenuare o rendere meno auspicabile il conflitto. E sul piano politico le due componenti storiche tendono ad assomigliarsi sempre di più. Con un enorme vantaggio per la destra, che si giova del fatto di rappresentare lo stato delle cose esistente".

Tradotto in altri termini, per esistere la sinistra ha bisogno di riscoprire la dialettica.
"Deve trovare un altro terreno di confronto, che certo non può essere quello del secolo scorso. L'apparente scomparsa del conflitto non significa l'esaurimento delle sue ragioni. Il mondo così globalizzato contiene elementi di sfruttamento e diseguaglianza più profondi e più radicali rispetto a prima. Il fatto che Marchionne, di fronte ad alcune difficoltà di ordine sindacale, minacci di produrre l'Alfa Romeo a Detroit è un esempio lampante. Oggi la sinistra italiana dovrebbe raccogliere i segnali di sofferenza e dolore che arrivano dal corpo sociale. Segnali diversi e perfino contraddittori - mi riferisco alle due sofferenze contrastanti del lavoro e dell'ambiente - ma che possono essere ricomposti in una strategia meditata".

Lei ha scritto di recente che la nuova linea del Piave è la difesa della legalità. Un'accusa ricorrente verso la sinistra culturale è di aver sostituito il marxismo con il moralismo, l'apologia dei giudici, il fervore legalitario.

"Moralismo? Basta conoscere la storia italiana degli ultimi trent'anni. Gli argini al degrado del sistema politico e istituzionale sono stati posti dalla magistratura e non dalla politica. E dunque nemmeno dalla sinistra, che ha a lungo aggirato l'ostacolo tentando inverosimili confronti".

A cosa si riferisce?
"La Bicamerale è stato il tentativo forsennato di stabilire un ponte di raccordo tra la sinistra e la destra berlusconiana. Tentativo finito male per fortuna, ma che ha aperto le porte a un'affermazione anche etico-politica del berlusconismo che ci saremmo potuti risparmiare. Rimasi molto deluso da Massimo D'Alema. Ma la verità è che con i miei leader carismatici della sinistra le ho sbagliate sempre. Prima Occhetto, poi Bassolino e D'Alema, infine Cofferati. Tutti inferiori alle attese. Almeno alle mie".

Con Occhetto la rottura fu sorprendente. Per anni lei aveva sostenuto le ragione di una Bad Godesberg italiana, ossia la trasformazione del Pci in un agile partito riformatore. Poi quando Occhetto mise fine al partito comunista, lei s'infuriò.
"Scusi, ma ciò a cui oggi assistiamo è il terribile effetto finale della scelta occhettiana. Chi sul piano storico potrebbe darmi torto? Occhetto trasformò una battaglia sacrosanta in una improvvisazione teatrale. Da quel momento, che coincide con la dissoluzione di un partito di due milioni di iscritti, è cominciato il terribile degrado della sinistra".

Ma crollava il Muro, qualcosa andava fatto.
"Accidenti se andava fatto. L'avevo sostenuto nei dieci anni precedenti. Ma Occhetto l'ha interpretato come un gioco di piccole élite dirigenti, come se la cosa potesse riguardare neanche l'intero comitato centrale ma cento dei suoi membri, quelli che più contavano. L'operazione non doveva partire dall'alto, ma al contrario, dalla base".

Hobsbawm sintetizzò in questo modo: fu buttato il bambino e tenuta l'acqua sporca.
"Ora questo mi pare esagerato. Fu imposto a un corpo vitale e ramificato un'accelerazione impossibile. Ed è deflagrato".

Marco Revelli dice che gli eredi della sinistra non sono stati all'altezza dei compiti. Una débâcle generazionale. Ma questo cosa vuol dire: che solo una guerra e una lotta contro la tirannide consolidano gli uomini?
"Risposta non facile. Per quando riguarda la generazione del Sessantotto sto per dire una cosa che non dovrei dire, avendo praticato l'operaismo per vent'anni: ma temo che sia stata bruciata dal suo estremismo, cioè dalla scarsa capacità di mettere in relazione i mezzi con gli obiettivi".

Però l'assenza di eredi riguarda anche la sinistra postcomunista, non solo quella radicale.
"Questa è una storia diversa, segnata da decadenza progressiva. La tradizione del Pci consisteva nel mettere insieme il più possibile le scelte dirigenziali con i movimenti di massa. Popolo, classe, partito. Questo nesso è stato completamente smarrito. Se un tempo la politica era il frutto di una strategia orizzontale e verticale, poi è diventata solo orizzontale, ossia è prevalso il rapporto tra le diverse componenti delle élite dirigenti. E tra queste e quelle degli altri partiti".

La sinistra non ha saputo più interpretare i processi sociali.
"Di più: non ci ha nemmeno provato. Da trent'anni ha smarrito il nesso tra cultura e politica. E ha rinunciato a un modello interpretativo intellettuale da mettere al servizio di una pratica politica. La società viene lasciata alla sua disgregazione".

Sinisteritas, dice Cacciari. Inettitudine.
"Ma quale sinisteritas. Io direi piuttosto superioritas. La sinistra deve recuperare questo senso di superiorità".

Ma su questo Berlusconi ha costruito le sue fortune. Contro quello che viene definito "il crampo snobistico-elitario della cultura di sinistra"...
"La superiorità della sinistra è quella delle classi lavoratrici. E poi credo di essere la persona meno snob che esista sulla terra. Sono stato nel partito, in sezione, tra gli operai. Ho insegnato per 40 anni nell'università di massa. E oggi difendo l'ambiente. Ma è per questo che mi sento superiore. Il problema, oggi, è che la sinistra non è più sicura di sé. Ha tagliato le proprie radici. Anche l'orgoglio della propria identità. E s'è rifugiata in una subalternità da cui fatica ad uscire".

Lo dice da moderato.
"Il moderatismo non è conservazione, ma consapevolezza delle difficoltà. Certo che la soluzione non può essere nello scambio di concessioni con lo schieramento avverso. Perché se l'uno - la destra - rimane quello che è, l'altro invece si dissolve. E questo sarebbe un vero disastro".

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