n una Parigi cupa e stravolta dal terrore, i leader mondiali stanno cercando un accordo che salvi un pianeta in grande emergenza. La conferenza sul clima si svolge sotto gli occhi di tutti e la retorica è alta: «Abbiamo grandi speranze», ha dichiarato il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, presidente di “Cop21”. Che ha poi aggiunto: «Tocca a noi far fronte alle nostre responsabilità in modo che l'11 dicembre [giorno di chiusura della conferenza, ndr] possiamo dire al mondo quelle quattro parole che sta aspettando: la nostra missione è compiuta». Ma quanto questi discorsi rischino di rivelarsi retorici è provato da WikiLeaks, che con un team di media internazionali, tra cui l'Espresso, pubblica nuovi documenti riservati sul Tisa, il trattato che i signori del mercato - Italia inclusa - stanno negoziando in segreto a Ginevra per liberalizzare il cuore dell'economia dei paesi sviluppati: i servizi.
Mentre a Parigi i potenti del mondo trattano per approvare una serie di regole che permettano di salvare il clima e il pianeta, a Ginevra, nelle segrete stanze della diplomazia, quegli stessi potenti negoziano l'abbattimento delle regole che “ostacolano” il libero mercato dei servizi: dall'ambiente ai trasporti, dalla finanza alle telecomunicazioni.
Due i documenti rivelati da WikiLeaks che faranno discutere: un'analisi della proposta di Norvegia e Islanda di liberalizzare i servizi per l'energia e il capitolo del Tisa sulla liberalizzazione del trasporto su gomma, un settore che, almeno in Italia, è considerato da più parti un vero e proprio Far West, dove l'urgenza non è di certo abbattere le regole troppo rigide che ostacolano la concorrenza, quanto piuttosto arrivare alla creazione di regole e standard che rendano meno disumana la condizione dei camionisti e dei lavoratori.
LA TRINITA'
Il Tisa non è ancora in vigore. Hanno iniziato a negoziarlo due anni fa venticinque nazioni che da sole controllano il settanta percento del mercato dei servizi: Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, i ventotto paesi dell'Unione Europea - Italia inclusa - Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Israele, Turchia, Taipei, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Mauritius, Pakistan, Panama, Perù, Paraguay, Uruguay, Cile, Colombia, Messico e Costa Rica. Obiettivo? Riscrivere le regole del mercato dei servizi in chiave liberista e farlo nella discrezione assoluta, lontano anche dai tavoli negoziali dell'Organizzazione mondiale del Commercio (Wto), per evitare che le proteste e il dibattito pubblico ostacolino le trattative.
Tanto sono segrete le negoziazioni del Tisa che i testi dell'accordo non solo non sono pubblici, ma sono destinati a rimanere segreti per cinque anni dopo l'approvazione. Una segretezza squarciata dall'organizzazione di Julian Assange, che un anno fa ha rivelato per la prima volta, in collaborazione con l'Espresso, uno dei capitoli oggetto delle negoziazioni .
In questi anni, defezioni e controversie non sono mancate. Tisa, Tpp e Ttip, il cosiddetto trattato di libero scambio Europa-Usa, sono la “trinità” dei trattati commerciali internazionali che definiranno l'economia del mondo in funzione ancora più liberista. Inevitabile che dopo decenni di globalizzazione, e con una crisi economica devastante, l'opposizione a un'accelerazione ancora più liberista e decisa dall'alto della nostra economia incontri tanta opposizione: dai sindacati e dai movimenti per i diritti dei lavoratori, alle organizzazioni per la difesa dell'ambiente fino a quelle per la privacy e i diritti digitali. Nel settembre scorso, per esempio, Uruguay e Paraguay si sono sfilati dal tavolo negoziale, preoccupati che questo trattato commerciale, una volta approvato, limiti seriamente la possibilità dei paesi che vi aderiscono di regolare servizi vitali per la vita di un paese. Ma la barca del Tisa, per quanto ridotta a ventitré nazioni, naviga ancora a gonfie vele. E i documenti rivelati oggi da WikiLeaks confermano quanto ampia sia l'agenda delle liberalizzazioni.
ENERGIE? TUTTE UGUALI
La proposta di Islanda e Norvegia di aprire il mercato dei servizi energetici, ad esempio, non fa alcuna distinzione tra le energie rinnovabili e il nucleare: tutte le fonti sono sullo stesso piano e la proposta di liberalizzazione vale per tutti i servizi che vanno dall'ingegneria allo stoccaggio dei liquidi e dei gas. Nel documento di analisi di questa proposta si chiarisce che «ciascun membro [del trattato Tisa, ndr] ha la completa sovranità e i diritti sulla proprietà delle risorse naturali, incluse le risorse energetiche». Ma la lista dei servizi energetici da aprire alla concorrenza tra paesi è amplissima. E i problemi non mancano. «I ventitré paesi del Tisa, dall'Australia alla Svizzera, dagli Stati Uniti all'Unione Europea, stanno discutendo clausole che negano ai regolatori [del settore, ndr] di fare distinzioni tra il solare e il nucleare, l'energia eolica e il carbone, o quella geotermica e il fracking», scrive “Public Services International” (Psi), una federazione globale di sindacati che rappresenta 20 milioni di lavoratori dei servizi pubblici in tutto il mondo ed è guidata dall'italiana Rosa Pavanelli.
Sulle trattative Tisa, la segretaria di Psi non usa mezzi termini: «Questa è la grande truffa sul problema del cambiamento climatico: mentre a Parigi si discute di obiettivi ambiziosi per salvare l'ambiente, a Ginevra i mezzi per ottenere quegli obiettivi sono negoziati a parte e negli interessi delle grandi corporation del mondo. E' chiaro dunque perché i nostri governi cercano di nascondere queste negoziazioni, conducendole in segreto».
LIBERALIZZARE IL FAR WEST?
Non meno controverse sono le misure che si stanno discutendo al tavolo del Tisa per liberalizzare il trasporto su gomma, un servizio che in paesi come l'Italia è già caratterizzato da una concorrenza feroce, come spiega a l'Espresso Giulia Guida della segreteria nazionale della Federazione italiana lavoratori dei trasporti (Filt) della Cgil: «I lavoratori del settore trasporto su gomma in Italia operano in una situazione di totale Far West: servono assolutamente regole, che paesi come Francia, Germania, Belgio e Olanda, hanno introdotto. L'illegalità ha raggiunto livelli allarmanti, con camionisti assunti da agenzie interinali dei paesi dell'Est che li pagano trecento euro al mese, secondo gli standard dei paesi in cui operano quelle agenzie, al di fuori della normativa vigente». Giulia Guida sostiene che per riportare il settore a condizioni di normalità «ci vorrà tempo, con un intervento urgente della politica». Ma come rivela il capitolo del Tisa sul trasporto su gomma, è chiaro che il vento della politica spira in tutt'altra direzione rispetto a quella delle regole e dei diritti.
Nel documento, si precisa che «ciascun membro si impegnerà senza alcuna limitazione a permettere la fornitura di servizi transfrontalieri di trasporto su gomma». Così come nessun membro richiederà «di stabilire o mantenere un ufficio di rappresentanza o comunque una presenza commerciale sul territorio, o di imporre alcun criterio di nazionalità o residenza, come condizione per la fornitura dei servizi di trasporto su gomma». I membri del Tisa «dovranno abolire o astenersi dall'introdurre ogni ostacolo amministrativo e tecnico che possa costituire un tentativo mascherato di restrizione della libera fornitura di servizi di trasporto su gomma» e «dovranno emettere visti multipli a lunga durata (minimo un anno) per i trasportatori professionisti», facendo attenzione a introdurre procedure semplificate e a non usare i visti come sistemi di regolazione del mercato e come barriere commerciali.
La reazione della Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti (Itf) alle rivelazioni di WikiLeaks è stata immediata: «I camionisti dell'Europa dell'Est e quelli che vengono anche da più lontano per lavorare in Europa», dichiara l'Itf, «vengono già pagati con stipendi indecentemente bassi, perché vivono e lavorano in un paese, ma sono pagati secondo le regole delle nazioni da cui provengono. Si tratta di gente che lavora con orari estremamente lunghi, vive in condizioni malsane nelle stazioni di sosta e nei parcheggi in giro per l'Europa. Questa non è una situazione che richiede liberalizzazioni, né di essere replicata altrove; richiede piuttosto una migliore regolamentazione, un controllo della sicurezza delle strade, delle condizioni di salute delle persone, dell'ambiente e un'appropriata applicazione delle leggi. La Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti crede che questo capitolo sia destinato a creare in giro per il mondo situazioni analoghe a quelle descritte».
SALVARE I SERVIZI PUBBLICI
Misure come quelle previste per il trasporto su gomma passeranno il test finale? E' impossibile dirlo in questa fase in cui le negoziazioni sono ancora in corso. «Dopo l'uscita del Paraguay e dell'Uruguay dai negoziati, si intuisce che le trattative fanno fatica a ottenere risultati», racconta Rosa Pavanelli, spiegando come per il trattato Tisa si prevedano ancora almeno due anni di negoziazioni.
Uno degli aspetti assolutamente più controversi è la possibilità di liberalizzazione dei servizi pubblici fondamentali, dall'istruzione all'acqua alla sanità. A l'Espresso la segretaria generale di Psi spiega che i servizi pubblici saranno oggetto delle trattative del Tisa, «anche se il governo italiano ha assicurato il contrario». E in realtà è sempre più difficile distinguere i servizi che possono essere compresi: «Anche se i governi creeranno liste negative di servizi pubblici da escludere [dalle liberalizzazioni del Tisa, ndr]», precisa Pavanelli, «sarà impossibile indicarli tutti, soprattutto quelli che stanno nascendo ora, legati alle nuove tecnologie».
L'Unione europea ha sempre escluso che il Tisa possa portare a una liberalizzazione dei servizi pubblici, eppure in due report del settembre scorso a firma della relatrice per il Tisa dell'Unione Europea, Viviane Reding, si chiede esplicitamente di escludere i servizi pubblici e i servizi culturali dall'ambito di applicazione dei negoziati» con «l'introduzione di un'inequivocabile clausola aurea». Segno che, nonostante le certezze ostentate, anche in Europa qualche preoccupazione c'è che il mercato, più che libero, possa diventare selvaggio.
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