Sorpresa. L’80 per cento degli italiani si ritiene abbastanza o molto felice. Poco importa che ben quattro su dieci ritengono peggiorate le proprie condizioni economiche negli ultimi anni. È questo il risultato dell’ultimo sondaggio realizzato per verificare se e come i nostri connazionali si sentano più agiati rispetto al passato e che prospettive abbiano per i prossimi cinque anni.
Il tema centrale intorno a cui ruota tutta la ricerca è infatti la «Felicità», un diritto inserito già il 4 luglio 1776 nella Dichiarazione d’indipendenza americana. La domanda che ci siamo posti e abbiamo posto è: gli italiani sono felici in queste notti di mezza estate? La risposta è decisamente positiva: l’intera popolazione si giudica normalmente felice per l’80 per cento. Solo un marginale 20 per cento trova nell’infelicità una qualche ragion d’essere. Ovviamente sono più felici i “ricchi” (quelli che appartengono a famiglie che hanno oltre 60 mila euro di reddito all’anno) e meno felici i “poveri” (o i quasi poveri), cioè coloro che dichiarano di avere meno di 24 mila euro di reddito. In ogni caso la differenza tra “ricchi” e “poveri” non è tanta in termini di felicità: solo 13 punti.
Qual è dunque la “pozione magica” che definisce la felicità? In primo luogo per tutti è il sentirsi bene con il proprio corpo e con la propria mente, cioè star bene come famiglia, come amicizie, come sentimenti amorosi, come lavoro e anche, perché no?, come italiano e appartenente a un determinato “genio locale” (genius loci). Su tutto in ogni caso è immanente lo star bene finanziariamente. Il detto oraziano «Sua maestà il denaro dà ogni cosa» è introiettato dagli italiani come metafisica del loro vivere su questa terra.
I soldi hanno valore solo e soltanto perché possedendoli hai più rapporti con la salute personale e con il mondo esterno e quindi hai più amici e più sicurezza in famiglia, sei più presente in mezzo agli altri. Per cui il vero timore, quando si parla di benessere materiale, è che la ricchezza possa in qualche maniera diminuire come è accaduto a partire dal 2008 (4 italiani su 10 oggi si sentono più poveri rispetto agli ultimi anni e un’ulteriore metà degli italiani non pensano di essere più ricchi rispetto a 5 anni fa). La felicità degli italiani si è però polarizzata negli ultimi cinque anni: il saldo è infatti negativo nella maggioranza di coloro che vivono in famiglie con un reddito inferiore ai 60 mila euro all’anno. Sono per la maggior parte i ricchi, quindi, a dichiarare un saldo positivo di felicità.
Quanto alle motivazioni che hanno aumentato lo stato di felicità generale la ragione base è il raggiungimento di una maggior armonia con la propria mente, con il proprio corpo e nei rapporti con gli altri, a cominciare dalla famiglia. Fondamentale la salute dei propri parenti, l’aumento della cultura, e la maggiore partecipazione alla società, anche tramite lo sport.
Specularmente le ragioni citate per una minor felicità risultano essere un reddito percettibilmente disceso, malattie e lutti in famiglia e conseguentemente una minor armonia, una discesa della cultura, una meno intensa vita sociale, la vendita forzata di beni famigliari e, sostanzialmente, un maggior imbarbarimento del gruppo famigliare, anche in termini di viaggi, sport, cura del corpo e partecipazione attiva alla vita mondana.
Per gli italiani combattere la disuguaglianza, come fa uno Stato sociale, è importante, specie per le classi meno agiate della popolazione. Ma nel complesso la maggioranza della popolazione guarda al fenomeno più in termini passivi che in termini di soluzione del problema. Infine, non si evidenziano opzioni verso particolari consumi per il presente o per il futuro, se non una richiesta generica. La gente, vuole l’essenziale per vivere e qualche attività di svago e di divertimento. Un’aspirazione non diversa da quella degli abitanti dell’antica Roma: «Panem et circenses».
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