Pietro Grasso, il "ragazzo di sinistra" come definì se stesso solo poche settimane fa alla festa di Mdp a Napoli, lascia il Pd. Proprio oggi: giornata della forzatura sulla legge elettorale, della frattura a sinistra, dell'orgoglio di Verdini come azionista quasi sfacciato della maggioranza, di una fotografia finale di questa legislatura che è sembrata la prima della prossima. Ai suoi il presidente ha consegnato parole amare e contrariate: "La misura è colma, politicamente e umanamente". Poi, l'iscrizione al gruppo "misto".
Gesto eclatante, inaspettato, come testimoniano le reazioni del Pd, di Martina, Zanda, e tutti i big, in verità neanche troppo addolorate. Un gesto molto "politico", nelle ragioni che lo animano, nell'impatto che determina, nelle aspettative che suscita. Con tutto ciò (o quasi) che è a sinistra del Pd che lo aspetta, al momento opportuno, come leader. E che vede, nella mossa, un segnale, un giudizio comune e l'inizio di un percorso.
Il giorno dello strappo non è casuale. Pesa, innanzitutto, il senso dello Stato. Ieri Napolitano, presidente emerito. Oggi il presidente del Senato: le 8 fiducie in dieci giorni, la compressione del Parlamento, rappresentano, al tempo, ferite per le istituzioni e precedenti pericolosi. Il presidente del Senato, proprio come l'Emerito, aveva fatto capire e suggerito, nei giorni scorsi, che tutte queste fiducie erano evitabili e che, magari, si potevano limitare ad alcune parti favorendo la discussione sul resto. Pesa lo snaturamento del Pd: "In questo Partito democratico non mi riconosco più – ha proseguito coi suoi – nel metodo e nel merito".
Il distacco arriva da lontano, sin da quando chiese un Senato elettivo e criticò l'impostazione plebiscitaria, distacco in cui aspetto umano e politico si intrecciano, come in tutte le separazioni. E il rifiuto di candidarsi in Sicilia ha scavato un nuovo solco di incomprensione col Pd renziano. E c'era già tutto quel che sarebbe accaduto nella risposta, quasi rabbiosa, data al senatore pentastellato Rocco Crimi, nella giornata di ieri: "Non ho accettato la candidatura in Sicilia per continuare a espletare la mia funzione in questa Aula. Può essere più duro resistere e continuare piuttosto che accettare una fuga vigliacca. Si può esprimere il malessere ma non è detto che, quando si ha il senso delle istituzioni, si debba obbedire ai propri sentimenti".
Ecco: resistere, malessere, sentimenti. Il "ragazzo di sinistra", che più volte ha ricordato, in pubblico e in privato, l'entusiasmo di quando ha accettato la candidatura, e non si sbilancerà sul suo futuro finché resterà nel ruolo di arbitro, sullo scranno più alto di Palazzo Madama. Ma il corteggiamento verso di lui è più di una suggestione. E non è iniziato oggi: un volto istituzionale, di "governo" e anche affidabile, come frontman di un listone di tutto ciò che a sinistra del Pd, che funziona proprio perché estraneo a una storia di scissioni, incomprensioni, rancori personali. E capace di intercettare un mondo "di governo" che non crede più nel Pd. E in parecchi già ricordano il precedente Monti: "Scese in campo due mesi prima del voto e prese il dieci per cento. Se Grasso decide il minuto dopo che si sciolgono le Camere... I giochi veri si faranno allora". Ma forse sono già iniziati.
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