a qualche giorno anche il teologo e filosofo inglese John Henry Newman (1801-1890) figura nell’albo dei santi glorificati dalla Chiesa. Padre Mauro De Gioia, postulatore generale della Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, ha ricordato un miracolo operato dal suo confratello, a favore di una donna di Chicago gravemente ammalata: «La signora 42enne, già madre di 4 figli, – ha dichiarato il religioso al quotidiano Avvenire – invocando il beato, e ripetendo spesso la frase “cardinale Newman pensaci tu”, ha portato a termine con successo nel 2013 la sua difficile gravidanza mettendo alla luce una bambina». Ma tra i meriti di Newman mi piace soprattutto ricordare le appassionate e profonde riflessioni sul tema dell’insegnamento libero da qualsiasi vincolo utilitaristico.
«Alcuni grandi uomini – annota nei suoi Scritti sull’Università– insistono sul fatto che l’educazione si dovrebbe limitare ad un fine particolare e ristretto, e si dovrebbe risolvere in un’opera determinata, che si possa pesare e misurare. […] Lo chiamano fare educazione e istruzione “utili”, e l’“utilità” diventa la loro parola d’ordine. Con un principio fondamentale di questo genere, essi procedono con molta naturalezza a chiedere che cosa si debba mostrare per giustificare la spesa». Per Newman è falso l’assunto secondo cui «niente è degno di essere perseguito se non ciò che è utile». Ed è ancora più falso il corollario che ne deriva: «che non sia utile alcuna educazione che non ci insegni una professione mondana, un’arte meccanica o un segreto fisico».
In un’epoca come la nostra, in cui i giovani vengono indotti a credere che bisogna studiare per imparare un mestiere e non per diventare migliori, le parole di Newman sono più che mai attuali. Per fermare la deriva mercantilistica dell’istruzione, che sta ormai travolgendo scuole e università, ci vorrebbe davvero un «miracolo». Così, come la donna di Chicago, professori e studenti dovrebbero esclamare: «San John Newman pensaci tu!». .
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