mercoledì 6 maggio 2020

VIRUS, RESTRIZIONI E E DIFENSORI DELLA LIBERTÀ (AD PERSONAM ET AD CATHEDRAM). M. FAGOTTO, 6 maggio 2020

  Formatisi in decenni di duro apprendistato nella casa delle libertà di berlusconiana memoria,
dove si consumavano, durante serate eleganti, forbite conversazioni filosofiche, alcuni paladini
della libertà ad personam sono scesi in campo in queste settimane di pandemia stigmatizzando i
provvedimenti governativi, che ci costringono a stare a casa, come altamente lesivi della libertà personale. 

    Utilizzando episodi risibili (l’elicottero della guardia di finanza che piomba su un solitario pedone
che passeggia sulla  spiaggia; il carabiniere inflessibile - l’altro avrebbe voluto lasciar correre -
che multa il povero pensionato che non può esibire la spesa per cui sarebbe uscito solo perché
non ha trovato disinfettanti e gel) il drappello dei soliti noti imbonitori della TV commerciale e
d’avanspettacolo si è posto l’interrogativo se una vita chiusi in casa sia una vita degna
di essere vissuta (proprio così un tale di nome Buttafuoco che, probabilmente, non sa
che l’episodio del pedone sulla spiaggia era l’ennesimo becero scoop di un programma dozzinale
del pomeriggio a firma, tanto per cambiare, della stessa Mediaset di cui è ospite fisso
un giorno si e l'altro pure).
    


Gli ha fatto eco un “vecchio psichiatra”, probabile praticante di qualche religione misteriosa,
che lamentava l’impedimento a quanti volessero entrare in una chiesa, un luogo che per la
voluminosità e le ampiezze architettoniche (ma le pievi più modeste delle campagne e dei paesini?)
certo non rischia di diffondere il contagio.
   Ma la questione più grave, per lo psichiatra neocatecumenale, è naturalmente il rischio psicologico
che incombe su coppie che scoppiano e che scoppieranno; su bambini che non possono uscire
(mentre i cani si); su adolescenti e altre categorie sociali che saranno duramente provate da questi
mesi di auto-detenzione per obbligo di legge. 
   E nessuna strategia sanitaria (ha sostenuto un bizzarro pluri-parlamentare, lanciato anni fa
al “Costanzo show”, il quale potrebbe uscire  - per andare a visitare un carcere: ma perché proprio
un carcere?- perché il suo ruolo glielo consentirebbe, ma che ha deciso di rimanere in casa),
può essere evocata come giustificazione di questo stato di cose, perché la quarantena, piuttosto,
ci riporta alle paure più ataviche, quelle legate alle pesti del passato le quali, appunto, si combattevano
isolando per giorni le persone all’interno delle mura domestiche. Dunque non è la scienza, che
brancola nel buio, che ha convinto gli italiani, ma  il loro comportamento servile, complice di un’operazione
catechistica che li avrebbe misteriosamente convertiti alla volontà liberticida del legislatore.
   Come se il virus avesse scatenato una sindrome trasversale al mondo della cultura alta e bassa,
un dibattito analogo lo abbiamo potuto seguire anche su alcuni quotidiani e riviste on line.
   Nonostante l’autorevolezza (e la spocchia) dei partecipanti, anche per questo secondo simposio
cartaceo  va detto che l’allarme lanciato (ci troveremmo governati secondo modalità e procedure
proprie di uno stato d’eccezione) si è rivelato davvero, altrettanto eccezionale. 
   Che questo governo, messo insieme alla rinfusa l’estate scorsa, suggellato da una conferenza
stampa imbandita dall’unico “politico” in giro per il mondo che ancora crede nella “terza via” di
Tony Blair e Anthony Giddens (mentre nè l’uno nè l’altro ci credono più), fatto di partiti che se
l’erano date di santa ragione, alcuni passati da un’alleanza all’altra senza colpo ferire, sarebbe
la manifestazione di quel tenebroso potere biopolitico con il quale si sono riempite, in questi ultimi
anni, intere biblioteche e si sono conquistate cariche accademiche, suona davvero grottesco.
   Ci siamo, forse, dimenticati come diversi suoi esponenti avessero sottovalutato il rischio epidemico;
come qualcuno si fosse recato (il 27 febbraio)  proprio a Milano a fornire garanzie e a rinfrancare
(rimanendo infettato) i promotori della manifestazione #Milanononsiferma; e di come altri,
all’inizio, non volessero fermare nessuna attività (Salvini, da Fiumicino, sempre il 27 febbraio,
invita tutti ad andare in vacanza, a non fermarsi, a correre...)? E che dire del conflitto con i poteri
locali e regionali, la ricerca di compromessi pasticciati e di negoziazioni infinite? 



Salvini a Fiumicino elogia l’Italia sana, bella , sicura, pulita 
e controllata e invita tutti ad andare in vacanza (video autoprodotto)

   C’è un video del 27 febbraio di un ex-leghista infatuatosi delle teorie di Toni Negri e Diego Fusaro,
di recente eletto nel Mov5stelle, ma attualmente finito nel gruppo misto, G.L. Paragone,
(come si vede, un uomo con le idee chiare) che schernisce, e con quale dedizione,
quanti stessero già in quei giorni sottolineando la pericolosità del virus, l’equivalente, a
suo dire di una semplice influenza stagionale come testimonierebbe l’intervista di una donna
che racconta la sua guarigione e che il Nostro legge dal “Corriere della sera” (tesi, questa dell’influenza,
fra l’altro maldestramente sostenuta e comunicata anche da qualche scienziato).


 Messi insieme, questi interventi e questi comportamenti danno più l’immagine di un’armata
Brancaleone che non di un razionale e premeditato dispositivo di controllo dove convergono
raffinati e simmetrici intenti politici e scientifici degni del miglior progetto di sospensione di
ogni garanzia democratica.



A guardar bene le cose accadute, qui pare che il potere in azione assomigli, piuttosto, a quello
descritto da Baudrillard più di 40 anni fa: “Accade che le istituzioni implodono da sole, a forza di
ramificazioni, di feed-back, di circuiti di controllo super-sviluppati. Il potere implode, è il suo modo attuale
di scomparire” (L’effetto Beaubourg)
   Non tanto un potere-Leviatano che controlla altrettanti soggetti-sudditi, come una specie
di Panopticon che vede senza essere, a sua volta, visto. Semmai un potere che sembra invischiarsi
(nel senso dell’essere ingannato, impedito, insidiato) negli stessi strumenti (media, scienza, opinione pubblica)
di cui si dovrebbe servire per controllare, fino a sprofondare completamente in questo invischiamento
(o a scomparire del tutto: quante apparizioni ricordate del ministro della Sanità Speranza, completamente
offuscato dalle sovraesposizioni mediatiche di tanti virologi ed esperti?)
   Qualcuno, anche in quest’altro gruppo di compagni e accademici di merende, deve essersi accorto,
tuttavia, degli eccessi analitici prodotti e ha invitato a un maggiore equilibrio nei giudizi. 

  Forse l’intervento più saggio è stato quello di J-L. Nancy che ha ricordato affettuosamente al suo
“amico Giorgio” (Agamben) che, se avesse seguito il suo consiglio di “non ascoltare i medici” 30 anni
fa, adesso non starebbe qui a dialogare sul male, suo (superato) e su quello degli altri (in via di superamento).


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