Maurizio Avola, pentito di mafia, ha rilevato nel libro “Nient’altro che la verità”, firmato dal giornalista Michele Santoro (con Guido Ruotolo), la sua nuova versione sulla strage di via D’Amelio dove furono uccisi il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. Palle. Grossolane, compiaciute, irriverenti, patetiche ma degne di ricevere gli onori letterari nel libro di Santoro. Peccato
- Se lo faccia perché imbeccato da altri o solo per noia, non so. So che da anni, dopo aver offerto al mondo l’elenco ossessivo e compiaciuto dei suoi ammazzati (con la sega, con la pistola, con la garrota), s’è reso conto che non aveva più nulla da raccontare.
- Nella breve nota rilasciata un paio di giorni fa, il procuratore Paci per la verità aggiunge che dubita sia della veridicità che della spontaneità.
- Il punto non è il pessimo giornalismo che s’è fatto su Avola. Il punto è che della psicologia contorta di questi signori ti accorgi solo se ti tocca occupartene per tutta la vita.
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