Lunedì 3 marzo.
La7. Piazza pulita. Conduce un
pupillo di M. Santoro, C. Formigli. Il quale, ad un certo punto, chiede un po’
a tutti nello studio chi sia il neo-ministro dell’economia Padoan, a quali
filiere politico-ideologiche sia stato e sia ancora legato. C’è una
collaboratrice di Formigli che ricostruisce la carriera di Padoan. Di cui, ad
un certo punto, si dice che collaborò nel 1998 con il governo D’Alema. Formigli
si rivolge allora a Rondolino e Velardi, responsabili della comunicazione di
quel governo, ospiti fissi da qualche tempo di questo programma, ai quali
chiede se Padoan sia stato comunista. “No, non credo, non lo so io…” risponde impacciato Rondolino. “Ma è un uomo
di sinistra, culturalmente…lo definireste uomo di sinistra?” ripete
Formigli. “Si, si, quello si può dire”
ripetono i due.
La cosa è divertente: solo qualche giorno prima, il 26
febbraio, Il manifesto aveva,
infatti, pubblicato (provocatoriamente?) un articolo a firma di S. Cesaratto
dal titolo “Il ministro Padoan oltre Keynes. Nel 1975” . Vi si poteva leggere
che, certo in anni ben lontani, 1975, il neo-ministro Padoan si auspicava
addirittura “la prospettiva di una
fuoriuscita dal capitalismo”! Poteva essere uno spunto interessante ed
invece…
Pochi minuti dopo, di
nuovo Velardi, alludendo ad un filmato
precedente in cui era comparso M. D’Alema intervistato su Padoan, sostiene che, nel 1998, proprio
grazie al governo D’Alema, si era aperto un importante fronte riformista che
sarebbe stato il caso di riproporre e rilanciare anche oggi.
Fatto sta che,
proprio sulla stessa rete e in un altro programma, Otto e mezzo, Massimo D’Alema in persona, qualche sera prima,
provocato dal giornalista di destra Mario Sechi, aveva finito per ammettere che
ispirarsi a quel riformismo di ascendenza clintonian_blairiana era stato un
errore e che errore se lo stesso Clinton aveva dovuto emendarlo con degli
interventi e prese di posizione personali (“Clinton
stesso, con il quale io ho mantenuto un buon rapporto essendo membro della sua
Fondazione, ha scritto cose molto interessanti, in senso autocritico, dicendo
“noi abbiamo sbagliato a demonizzare il ruolo dello stato e a favorire la
deregulation…” Ed è vero. È stato un errore!...Io sostengo che c’è un ruolo
indispensabile dello stato che è quello di riequilibrare la società perché si
sono prodotte ingiustizie e diseguaglianze che non sono tollerabili”).
(D’Alema aveva già
dichiarato, in una intervista su Left,
la stessa cosa, cfr. G. Monti, La politica abbia ‘l’animo grande e l’intenzione
alta’. Intervista con M. D’Alema, Left,
43, 4 novembre 2011, p. 23-26).
Di nuovo Otto e mezzo, venerdì 7 marzo. Sono di
scena Severgnini, Freccero e Carfagna. La puntata è dedicata a sciogliere il
dilemma se Renzi sia o non sia simile a Berlusconi. Freccero ricorda che i
giornalisti italiani non sono per niente equidistanti rispetto al mondo
politico con il quale, anzi, intrattengono “relazioni pericolose” e tendono ad
esaltare il messia di turno. Come fa probabilmente Severgnini che deve avere
numeri di telefono di diverse personalità. E quindi giù a telefonare, giù a smessaggiare,
twittare, con questo e con quello. Così non si fa, redarguisce severamente
Freccero. I giornalisti dovrebbero essere dei guardiani, controllare con
distacco il potere, non flirtarci ambiguamente.
Bene, risponde Severgnini: è vero, io ho diversi numeri di
telefono ed è così, chiamo ora questo, ora
quello. Anzi: se l’onorevole Carfagna, alla fine della puntata, vorrà
dargli il suo numero, beh, lo prenderebbe volentieri! Il programma, così, vira
in burletta, con delle battutine di Freccero sullo sfondo. Ma la frittata è
fatta: chi pensava che la stampa e il tele giornalismo italiani fossero una
cosa seria dovrebbe, anche questa volta, cambiare canale.
Sempre Otto e mezzo offre altre occasioni di
riflessione sulla condizione del giornalismo e del tele-giornalismo italiano.
Una puntata fu dedicata al caso delle ragazzine romane che si prostituivano per
acquistare borse e abbigliamento griffato. Sennonché la conduttrice riesce a
chiedere (a chiedersi?) se sia tollerabile e concepibile fare certe cose per
apparire in un certo modo. Ma da che pulpito viene la predica? La signora
dimentica, forse, chi la veste e la abbiglia, ogni sera diversamente,
proponendola come modello imitabile e invidiabile per migliaia di donne più o
meno giovani? Si guardi i titoli di coda se non se lo ricorda più…
Secondo esempio,
dallo stesso programma. Paolo Sorrentino vince l’oscar per “La grande bellezza” e la signora Gruber
invita, per parlare del film…P. Buttafuoco e A. Scanzi. Nessuno dei due è un
critico cinematografico. Saranno pure due abili giornalisti, ma non sono
critici cinematografici. Eppure l’occasione poteva essere utile per trattare
una questione su cui si era dibattuto nelle settimane precedenti (e si sta
ancora dibattendo): la crisi della critica militante. In tutti i settori della
cultura che è quel grande patrimonio di cui tutti parlano e che tutti dicono di
voler rilanciare e valorizzare.
Il sospetto che sia tutta una gigantesca messa
in scena arriva anche a “Servizio
pubblico” (La7, giovedì, 6 marzo). Dove ri-troviamo Vittorio Sgarbi
(contesissimo all’interno di qualsiasi rete TV) e il suo turpiloquio
indirizzato, questa volta, nei confronti di uno spettatore che, ingenuamente,
gli grida che il consiglio comunale di Salemi, di cui Sgarbi era stato sindaco,
era stato sciolto per mafia. Il critico si volta, insulta il poveretto e grida
che il prefetto che ha sciolto il consiglio era, in realtà, lui un mafioso (“Il commissario che l’ha sciolto era della
‘ndrangheta…hanno scoperto questo, pezzo di merda! … proprio così: l’ha sciolto
un prefetto della ‘ndrangheta. Lo sapevi?”). Vicino a Sgarbi siede Marco
Travaglio il quale non fa una piega: assiste ed ascolta senza battere ciglio.
Ci pareva di ricordare che fra i due, in passato non corresse buon sangue e che
proprio in programmi santoriani i due se le erano dette di tutti i colori. E
adesso? Più niente. Anzi, complimenti da Sgarbi a Travaglio per aver ricordato
che fra i sotto-segretari nominati da Renzi ce ne sono molti incompetenti. E
sul prefetto mafioso? Ce lo potrebbe confermare o meno Travaglio, visto che ce
lo ricordavamo come uno molto attento a questo tipo di vicende giudiziarie.
Anche Santoro potrebbe intervenire. E lo fa, ma che dice?:“Ehhhh…ahooo…va bbo…va beh, va beh…Allora…mi dissocio da tutte ‘ste
cose…non ne so niente…per favore…ma è possibile che dobbiamo sempre raccontare
Cappuccetto rosso?”. Il momento è decisamente imbarazzante, ma c’è tempo,
comunque, per un “’fanculo…in senso tecnico” sgarbiano/sgarbato e la
trasmissione prosegue.
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