ROMA - 16enni si. 16enni no. Potrebbe essere una canzone di Elio ma sono le primarie del Pd. Terra di sperimentazione non esente da storie tese.
Il voto delle primarie è stato nel tempo conquista civica, e questione politica. Tesserati, 16enni, extra-comunitari: un far west elettorale, senza leggi a regolamentarlo. E cosa non si farebbe per un pugno di voti in più.
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2015/10/27/news/se_votassero_i_sedicenni-124708359/?ref=HREC1-34#pd
Certo è che tra i tanti tira e molla, stretto tra la fuoriuscita dei voti verso l'antipolitica, interessato a recuperare tesserati e non, il Partito Democratico una cosa d'avanguardia l'ha fatta di sicuro: ha dato per la prima volta ai 16enni italiani la possibilità di misurarsi con il voto. Per dirla con Matteo Orfini presidente del PD, di fatto "noi siamo nati come partito attraverso primarie che includevano il voto ai sedicenni."
Un voto sperimentato per la prima volta nell'ottobre 2007 (quando Walter Veltroni fu eletto segretario del partito) sotto dettatura di un motivo strettamente politico: l'effetto traino. Come spiega Stefano Ceccanti, costituzionalista e politico dem: "Le primarie democratiche cadevano nel 2007. Si votava alle politiche circa un anno dopo. Era un modo per mobilitare già una parte di potenziali elettori del centro sinistra. Fu una scelta di investimento, di maturazione".
Il voto ai 16enni non è partito da una richiesta dal basso, dunque. Ma è stata una scelta deliberata. Secondo il deputato del Pd e vicepresidente della Camera Roberto Giachetti "è stato comunque un segnale importante di attenzione verso i militanti e verso chi aderisce o si avvicina volontariamente ad un partito. Inoltre, l'età minima per iscriversi, varia da partito a partito, ma sicuramente è possibile prima di aver compiuto diciotto anni." Se il voto dei 18enni è una sorta di rito di iniziazione politica, quello dei 16/17enni alle primarie lo anticipa, mantenendone invariato il valore. Ovvero prepara i ragazzi all'elezione vera e propria. "C'era l'idea di rivolgersi a tutto l'elettorale potenziale - continua Ceccanti - cioè a quelli che, di lì ad un paio d'anni, avrebbero avuto 18 anni e la possibilità di votare alle politiche. L'esperimento ci risulta riuscito anche se non ci sono dati a supporto".
Non c'è nessuna traccia di numeri infatti, dato che l'urna non è separata. Né un dossier dedicato al voto dei 16enni tra gli scaffali del Nazareno. Né dei sondaggi con le intenzioni di voto, perché le indagini si rivolgono solo ai maggiorenni. Le primarie sono però un mezzo delicato, senza legge o una regolamentazione nazionale . Da qui i problemi. "Durante le primarie 2013 ci fu un dibattito interno sul voto ai 16enni - spiega Matteo Orfini - perché qualcuno sosteneva che dovevano essere accompagnati dai genitori. Io credo che possano continuare a votare anche da soli." Autonomia a parte, si poneva comunque una problema di identificazione degli elettori, risolto poi con le pre-iscrizioni. I 16enni infatti, non hanno necessariamente carta d'identità, né (banalmente) la tessera elettorale. Che è un documento oggettivo, con un seggio di riferimento e una registrazione. "Come per il voto agli immigrati - racconta Ceccanti - per questa fascia bisognava avere molta attenzione, per non far si che i voti potessero essere utilizzati in manovre bizzarre". Senza tessera o previa registrazione si potrebbe andare a votare due volte in due seggi diversi, senza problemi.
Ma qual è il peso politico del voto ai 16enni? Per Ceccanti "quando ha vinto Veltroni non ha influito, le preferenze si saranno spalmate sui candidati". E per Renzi? "Secondo me sì - risponde - Alle penultime, 'Italia. Bene comune' del 2012, si previde che i 16-17enni avrebbero votato per Renzi. E si optò per il limite della maggiore età. Erano primarie di coalizione e si votava con le regole fatte ad hoc. Questo ne dimostra sicuramente il valore politico. Che in alcune situazioni fa la differenza. Ma sono comunque due classi di età. Non è mai numericamente rilevante. Soprattutto per una popolazione anziana come la nostra".
Così le primarie del Pd sono state un laboratorio politico per il voto ai 16enni. Un modo per conquistare elettorato venturo e riportare i giovani ad interessarsi di politica. In prospettiva, potrebbe essere anche una soluzione da adattare a livello nazionale per bilanciare la rappresentatività, in una società sempre più anziana. "Potrebbe - commenta Giachetti - Sicuramente investirebbe i giovani di una responsabilità, di uno stimolo ad informarsi ed interessarsi maggiormente alla cosa pubblica. Sarebbe giusto iniziare in maniera seria un percorso verso l'estensione del diritto di voto anche ai minori di diciotto anni". Per Bilanciare l'invecchiamento dei votanti? "Forse - conclude Ceccanti - Magari per le amministrative. Perché le persone arrivano ad una comprensione della politica gradualmente. Ovvero, capiscono molto meglio le sfide del proprio Comune. Per un apprezzamento della politica nazionale forse ci vuole una maturità maggiore. Si potrebbe mettere un doppio gradino: 16 per le amministrative, 18 per le politiche". Anche se in questo momento, non tira certo aria di una nuova riforma costituzionale.
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