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Dalla legge Stabilità non ci guadagnano i pensionandi. Non i pensionati. Non ci guadagnano i pensionandi e cioè i non pochi che aspirano ad andare in pensione prima dei 66 anni e passa della legge Fornero. E la sinistra sicura di essere sinistra si indigna e si infervora perché il governo non manda in pensione più gente possibile, e anche più del possibile, tra i cinquanta e i sessanta anni di età. Dalla legge Stabilità non ci guadagnano i pubblici dipendenti per i quali sono stanziate somme che fanno prevedere un rinnovo contrattuale di entità limitata se non misera.
I pubblici dipendenti reduci da sei anni circa di blocco dei contratti e delle retribuzioni e reduci anche da un quindicennio in cui le loro retribuzioni sono salite molto più dei lavoratori privati e indipendentemente dalla qualità dei servizi pubblici e dalla efficienza della Pubblica Amministrazione. Ce ne sono ancora le tracce di quegli anni: i dirigenti della Pubblica Amministrazione italiana pagati il doppio se non il triplo del resto d’Europa, le centinaia di contratti e di caveat contrattuali nel pubblico impiego che impediscono, volutamente impediscono di valutare, spostare, utilizzare le risorse umane. Pensionandi e pubblico impiego: questi i due gruppi sociali che non guadagnano qualcosa dalla Legge Stabilità.
E' questo il “blocco sociale” della sinistra che si vuole vera sinistra. L’idea fatta sindacato e talvolta fatta governo che sia equo, giusto e giustizia sociale mandare in pensione più che si può più presto possibile, l’idea che la classe operaia va in pensione e quello è il suo paradiso. Nel frattempo, magari, aspetta in cassa integrazione. Classe operaia poi? Operaia mica tanto, gli operai quando possono votano allegramente Lega o M5s. L’idea dei pensionandi come classe generale che perseguendo il suo interesse di gruppo persegue e realizza l’interesse generale è il cuore del Cgil pensiero, molto meno quello dei lavoratori in carne e ossa. A meno che non siano nel pubblico impiego, qui i pensionandi sono obiettivamente ceto generale. Il pubblico impiego, milioni di lavoratori spesso a basso reddito, mortificati dalla routine, schiavi della procedura e insieme torturatori in nome della procedura. Boicottati dal loro datore di lavoro, lo Stato, che non dà loro modo di lavorare con utilità per la collettività e sospinti, convinti dai loro innumeri sindacati a rifiutare anche con violenza ogni innovazione, valutazione, produttività, perfino modifica del tran-tran burocratico.
Pensionandi e pubblico impiego…Matteo Renzi, come svela la sua legge Stabilità, merita la qualifica di “interclassista” che per la sinistra, sicura di essere vera sinistra, è quasi anatema, antico anatema. Ma pensionandi e pubblico impiego…se questo è il blocco sociale è blocco sociale dei “ceti parassitari” tanto per usare il vocabolario della sinistra. Vero, ricordi…sinistra? Dalla falce e martello al libretto Inps, che pena veder presentare questo processo, questo declino niente meno come la difesa dei “veri valori della sinistra”. Che dramma dover constatare che dietro e dentro l’anti renzismo viaggia e si nasconde, ormai neanche tanto, anche la strenua difesa dei ceti parassitari.
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