Che brutto spettacolo! Un sindaco rivelatosi inadatto a svolgere la sua funzione, che prima si dimette, poi ritira le dimissioni. Funzionari della Agenzia delle Entrate che si rivoltano contro la Costituzione e la Corte costituzionale, sostenendo che è legittimo essere promossi senza concorso. Giudici amministrativi che esprimono opinioni su materie sottoposte al loro giudizio e critici che pretendono decisioni che i giudici non possono prendere, perché richiedono una legge. Una Procura che inizia una indagine sul vertice della Banca d’Italia, per poi dichiarare che la questione è tutta da verificare e da valutare. Il presidente dell’Autorità anticorruzione, chiamato a svolgere compiti onerosi e importanti, che dà pagelle alle città. Parlamentari che preannunciano bordate di emendamenti a documenti finanziari che dovrebbero essere o accettati o respinti.
Sembra che tutti abbiano deciso di mettersi a giocare con le istituzioni, chi facendo appello al popolo, chi debordando dal suo compito, chi dimenticando le regole, chi cercando dalle corti quel che solo il Parlamento può dare, chi dando voce agli interessi più disparati, a danno dell’equilibrio di bilancio. È una specie di «rompete le righe», dal quale saggiamente il governo si è tenuto fuori, ma che richiede una riflessione sullo stato delle nostre istituzioni e sul modo nel quale esse vengono usate da chi le gestisce, mettendole - come è stato giustamente rilevato - sotto «stress».
Questi sono casi che i sociologi chiamano di anomia, ovvero di assenza di norme o di disprezzo delle norme, siano esse leggi, siano esse regole di correttezza. E l’anomia danneggia la collettività. Mentre il sindaco di Roma dà e poi ritira le dimissioni, preoccupandosi solo del proprio ruolo, chi si interessa della città? I funzionari dell’Agenzia delle Entrate promossi senza concorso protestano e cercano sanatorie impossibili, ma chi si interessa di fare regolari concorsi per coprire quei posti? Poco opportunamente un magistrato del Consiglio di Stato ha manifestato opinioni su una questione che doveva decidere, mentre dall’altra parte si voleva la trascrizione in Italia dei legami familiari stabiliti fuori d’Italia.
Così si perde di vista il vero problema, già indicato da anni dalla Corte costituzionale: bisogna dare riconoscimento a questi legami, e deve farlo il Parlamento. Era proprio necessario che la procura di Spoleto rendesse pubblica la notizia della indagine sulla Banca d’Italia prima di verificare e valutare la consistenza delle accuse, specialmente se si considera che si tratta di corruzione, abuso d’ufficio e truffa e che si procede nei confronti di una istituzione che regge le sorti del sistema bancario? Ha considerato la Procura la ferita che viene così inferta alla fiducia che deve circondare il credito e chi lo controlla? Il presidente Cantone ha un compito molto pesante: quel che importa è che continui a svolgerlo, senza distrazioni. La Costituzione vuole che i documenti finanziari, che necessariamente richiedono il rispetto di un equilibrio tra entrate e spese, siano elaborati e presentati dal governo al Parlamento: se questo si mette a riscriverli, con migliaia di emendamenti, dove va a finire l’equilibrio di bilancio?
Abbiamo dimenticato tutti lo splendido finale di uno dei capolavori di Federico Fellini, Prova d’orchestra (1979), quello nel quale il direttore ricorda agli orchestrali, con accento tedesco, «ognuno deve dedicare attenzione al suo strumento. Le note salvano noi. La musica salva voi. Aggrappatevi alle note, seguite le note. Noi siamo musicisti, voi siete musicisti. E siamo qui per provare».
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