Chi va a raggiungere Landini, Camusso, Vendola, Fassina faccia pure». L’ex direttore di Rainews24 ha così deciso di replicare: «Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano. Quanto alla “poltrona”, a differenza forse di qualcun altro, io non ne ho bisogno. Ho lavorato per 40 anni, salendo passo dopo passo il cursus honorum, da giornalista fino a direttore. Probabilmente ho ancora “mercato”. E prosegue: «Non ora, perché ho preso un impegno accettando la candidatura che Bersani mi propose nel 2013, e lo manterrò, quell’impegno, in barba a chi vorrebbe “asfaltare” il dissenso».
Mineo: «Renzi senza scrupoli, ma lui sa che io so...»
«Diciamo che Matteo Renzi non ha stile. Non ho mai manifestato l’intenzione di dimettermi dal Senato, se non in un sms che mandai proprio a lui, disgustato dall’attacco volgare e strumentale che mi aveva mosso davanti all’assemblea del Pd, dopo la vittoria alle Europee. Fu poi Gianni Cuperlo, a riprendermi per i capelli e spiegarmi che la politica, ahimé, è anche questo — scorrettezza cialtrona — e che bisogna saper resistere. Grasso mi ricordò che avevo un mandato da onorare», aggiunge il senatore Corradino Mineo, in merito alle dichiarazioni rilasciate dal premier a Vespa. «Renzi non si fa scrupoli, rivela conversazioni private, infanga per paura di essere infangato. E sa che io so. So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, quello della politica contingente». L’ex senatore del Pd torna poi sulle accuse rivolte al premier, paragonandolo a “un bambino autistico”. «Quanto ai bambini autistici — conclude — è stato Renzi a strumentalizzarli nel modo più squallido per “spianarmi”. Li ha usati per strappare un applauso in assemblea e non ha fatto poi seguire un solo provvedimento per andare incontro alle tante famiglie in difficoltà. I fatti hanno la testa dura».
«Il partito ridotto ad appendice del leader»
A dare man forte a Mineo anche gli ex parlamentari Pd Alfredo D’Attorre, Stefano Fassina, Vincenzo Folino, Carlo Galli e Monica Gregori. Nel documento«Ricostruire la sinistra, per il lavoro e per l’Italia», scritto insieme all’ex senatore Pd, si legge: «Il Partito democratico è stato ridotto ad appendice inerte del leader: comitato elettorale e ufficio stampa. La mutazione genetica del Pd, nato come forza centrale del centrosinistra italiano, è purtroppo ormai compiuta. L’esperienza renziana e le mutazioni introdotte non saranno una parentesi. Siamo fuori dalla cultura istituzionale dell’Ulivo e del centrosinistra», affermano i parlamentari. «Gli organismi dirigenti — sottolineano — sono diventati rappresentazioni a uso streaming, riuniti ogni volta che è servito imporre un voto su una decisione già assunta dal segretario-premier o disporre di un palco dal quale lanciare un annuncio all’esterno».
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