Qualche avvisaglia che corresse rischi simili era trapelata nei giorni scorsi, quando è girata voce che il capo negoziatore prescelto da Bruxelles per la trattativa con il Regno Unito su Brexit, l'ex ministro degli Esteri francese Michel Barnier, preferirebbe utilizzare la propria lingua madre nelle discussioni e nei documenti ufficiali, sebbene parli perfettamente l'inglese. Theresa May ha reagito con sdegno, non prendendo nemmeno in considerazione l'ipotesi. Invece adesso ritorna fuori. Magari non si parlerà francese nel negoziato su Brexit. Ma si potrebbe non parlare più inglese nella Ue, perlomeno a livello ufficiale.
"Abbiamo una norma in base alla quale ogni Paese membro della Ue ha diritto di scegliere una lingua ufficiale", ha detto la presidente degli Affari costituzionali dell'Unione. "Gli irlandesi hanno scelto il gaelico. Malta il maltese. Soltanto la Gran Bretagna ha scelto l'inglese. Perciò, se nella Ue non ci sarà più la Gran Bretagna, non ci sarà più neanche l'inglese". Elementare, Watson, potrebbe commentare qualcuno, in qualunque lingua. Forse nel commento della deputata polacca c'è un pizzico di animosità: l'eccesso di immigrati dalla Ue, in particolare polacchi, è in testa alle ragioni che hanno spinto gli inglesi a votare per Brexit. Ma in teoria il ragionamento tiene. Hubner riconosce che l'inglese è "la lingua dominante" fra i funzionari dell'Unione, aggiungendo tuttavia che per cambiare la regola "una lingua a Paese" serve un voto unanime di tutti i Paesi membri. Anche questa, come molte norme Ue, è interpretabile: Irlanda e Malta scelsero gaelico e maltese perché l'inglese, quando entrarono nella Ue, era già una sua lingua ufficiale, per la Gran Bretagna. In futuro, non è escluso che si opti per permettere più di una lingua a Paese, e allora l'inglese, uscito dalla porta, potrebbe rientrare dalla finestra. Ma la Commissione europea ha già
Non per questo l'inglese subirà un declino analogo a quello della sterlina, ma non c'è dubbio che sia un altro effetto di Brexit.
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