Mettetela come volete (la tv fatta come si deve, il tutto macinato bene, le luci e i montaggi occhei, l'intervista in studio, il provincialismo sul mondo dei ricchi, i balli e gli sballi dei giovani, le sgallettate youtubbers, i sindaci di mezzanotte, Iva Zanicchi, il feed back sui social, la Sardegna non più felix, i filippini che fanno casino, i camerieri che mancano e i commercialisti che abbondano, ostriche e champagne, il lavoro che costa ancora troppo in Italia, l'altezza degli addetti alle sale minimo unovirgolasettantacinque...) ma in fondo in fondo o alla fin fine la verità è che Michele Santoro si è stufato di fare la Rivoluzione.
È entrato nel riflusso edonistico, a sessanta e rotti. E buonanotte al secchio.
Sesso, droga e rock&roll, con Briatore e Lele Mora a tracciare le "piste", con inviate stupite che ci siano ricchi nel mondo e noi sorpresi che ballino ancora la disco music anni '70 al tempo di Twitter.
Un vagare a caso, con esperte di gossip che dicono che "quattro anni fa non avevo capito", come se ne avessero 21/22 e invece viaggiano verso gli anta, il napoletanismo necessitante di interprete, il rapper che non si nega mai, un senso di pensionamento del pensiero unico samarcandiano triste, parecchio solitario e molto final.
La lista dei "cattivi maestri" si allunga: per la liberazione del popolo c'è ancora tempo. Ora divertiamoci e incassiamo, che ci hanno fatto ritornare e siamo ritornati.
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