domenica 6 agosto 2017

SISTEMI POLITICI NEL MONDO. IL CASO VENEZUELA. N. LOCATELLI, IL VENEZUELA PARIA, LIMES, 4 agosto 2017

Le elezioni farsa dell’Assemblea nazionale costituente sanciscono, se mai ve ne fosse stato ancora bisogno, il definitivo scivolamento del Venezuela nel campo dei regimi non democratici. Il presidente Maduro vince la prova di forza più importante e dimostra che al momento non ha avversari da temere.


Le Forze armate, che a partire dal quindicennio del predecessore Hugo Chávez hanno accumulato un potere politico e un benessere economico senza precedenti, sono troppo immerse nel sistema per staccare la spina a un governo pur fallimentare sotto tutti i punti di vista. L’opposizione è divisa e assolutamente priva dei mezzi necessari a incidere sulla direzione politica del paese.
Il resto del mondo finora è stato capace solo di condanne simboliche o dall’efficacia molto limitata: la sospensione dal Mercosur, le sanzioni contro Maduro imposte da Trump, l’appello della Santa Sede a evitare iniziative come la Costituente (che comunque rappresenta un importante innalzamento della pressione vaticana su Caracas). La causa dell’inerzia mondiale è la presenza di pressanti problemi interni in tutti i paesi che potrebbero fare qualcosa: Brasile, Argentina, Colombia.
Gli Stati Uniti avrebbero i mezzi per dare il colpo di grazia al regime chavista, ad esempio interrompendo l’import di greggio dal Venezuela e l’esportazione di petrolio raffinato verso lo Stato latinoamericano. Ma non hanno interesse a passare per i responsabili di quella che diverrebbe una catastrofe umanitaria in un paese che ha da tempo dovuto abbandonare il contrasto all’egemonia regionale a stelle e strisce.
Se però i lavori della Costituente andassero avanti di pari passo con la repressione delle opposizioni, il quadro potrebbe cambiare.
Un Venezuela paria, sempre più isolato diplomaticamente nell’emisfero, con un margine di manovra ridotto anche dal basso prezzo degli idrocarburi, sarebbe costretto a dipendere per la propria sopravvivenza da tre attori: la Russia, la Cina e il narcotraffico. Mosca e Pechino sono interessate a tenere in vita un regime alleato nella zona d’influenza degli Usa, mentre il narcotraffico garantisce parte dei proventi con cui sinora Caracas è riuscita a ripagare gli investitori internazionali.
A quel punto la temuta (da Washington) “cubanizzazione del Venezuela” si realizzerebbe non solo sul piano interno, quanto su quello internazionale: proprio come l’arcipelago caraibico durante la Guerra Fredda, il paese sudamericano diverrebbe una pedina dello scontro tra la superpotenza a stelle e strisce e i suoi avversari. Rischiando di essere sacrificato in qualsiasi momento da Russia e Cina sull’altare di un accordo con gli Usa – oppure di essere oggetto di un’offensiva di questi ultimi, naturalmente sotto le bandiere della “democrazia” e della “guerra alla droga”.
Esiti non esattamente in linea con il pensiero sovranista di Simón Bolívar, cui Maduro formalmente si ispira.
L’involuzione della Rivoluzione.

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