La Digos di Firenze ha perquisito dodici persone, tutte incensurate, che vivono tra Siena e provincia - tre di loro, tra cui il «capo» della banda, sono dipendenti del Monte dei Paschi - con l’accusa di associazione per sovvertire l’ordine democratico e detenzione illegale di armi. Da quanto appreso, sarebbe stato trovato esplosivo in uno dei luoghi visitati dagli investigatori della polizia.
La moschea di Colle Val D’Elsa
I pm della Direzione distrettuale antimafia Eligio Paolini e Leopoldo De Gregorio, che coordinano l’inchiesta, stanno facendo indagini sul mondo dell’estremismo di destra. L’inchiesta ha preso forma grazie ad un monitoraggio in Rete e poi alle intercettazioni. In molti dei profili degli indagati, ad esempio, ci sono chiari riferimenti a Mussolini e al Duce. La Digos di Firenze ha anche intercettato le loro conversazioni, dalle quali emergerebbe la volontà di passare dalla pratica ai fatti. Durante le intercettazioni è emerso che in passato alcuni degli indagati volevano far saltare in aria la moschea di Colle Val d’Elsa facendo esplodere le tubature del gas. «Aveva già portato le mappe, gli si voleva far saltare il coso col gas così saltava tutto», si sente dire in un’intercettazione. Poi il progetto sarebbe stato bloccato. «Fermi ragazzi fermi, fermi tutti, come ci si muove siamo guardati a vista», avrebbero anche detto in un’altra intercettazione in cui il gruppo di estremisti di destra decide successivamente di interrompere il progetto di far esplodere la moschea di Colle Val d’Elsa (Siena), forse perché temevano di essere scoperti.
«Struttura pronta per ogni evenienza»
La Procura parla di una «struttura qualificata pronta per ogni evenienza» impegnata a dare vita anche ad azioni concrete. Durante le indagini alcuni di loro avrebbero definito il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella «delinquente, comunista fradicio». In una conversazione, un ragazzo di colore è stato definito come «negraccio di m...da». In una conversazione intercettata il 60enne invocava la necessità di ricostituire una «guardia nazionale repubblicana» in grado di garantire la sicurezza «armi alla mano» per fare «giustizia sommaria» senza bisogno di chiamare le forze dell’ordine. Per risolvere le questioni politiche italiane, affermava ancora in un’altra intercettazione dello scorso ottobre, «bisogna sparare», «se c’è da andare a sparare - continuava - noi s’ha tutti l’armi e tante».
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