Il leader del Psi era convinto che il ruolo di una forza socalista non potesse essere che quello di sostenere l’autodeterminazione die popoli oppressi
Sviluppo economico, pace, rispetto dei diritti dei popoli. Nel presentare all’Assemblea Generale dell’Onu, il 23 ottobre del ‘ 90, il suo rapporto sul debito dei paesi in via di sviluppo, Bettino Craxi, rappresentante del Segretario Generale, indicava questi tre elementi come componenti essenziali della strategia che la leadership mondiale doveva mettere in campo per far progredire benessere e democrazia nei troppi paesi dominati dalla povertà e dalla violenza. Craxi aveva un ideale molto preciso del ruolo delle forze di progresso nella dimensione internazionale; anche al di fuori dell’ambito istituzionale, in cui aveva comunque agito ai massimi livelli, Craxi era consapevole e convinto che il ruolo di una forza socialista occidentale del cosiddetto primo mondo, non potesse essere che quello di sostenere, ovunque nel pianeta, le aspirazioni di libertà, di eguaglianza e dunque di autodeterminazione dei tanti popoli ancora oppressi.
Enorme è l’elenco delle organizzazioni, per lo più clandestine, che il Partito Socialista, e soprattutto Craxi, già da vicesegretario e poi da segretario, ha sostenuto, finanziato, difeso. All’inizio persino nei paesi dell’Europa occidentale in cui sopravvivevano dittature, come la Grecia, la Spagna e il Portogallo. E poi nell’Europa dell’est ancora sotto il tallone sovietico. Nel Sudamerica, funestato dalle dittature militari. Nel sud del Mediterraneo e in Medio Oriente, dove, pur nel legame fortissimo coi laburisti israeliani, ha difeso sempre il diritto del popolo palestinese alla libertà, all’indipendenza, al progresso. Ma sopratutto al suo riconoscimento. Craxi credeva nella politica internazionale e, soprattutto, nell’internazionalità della politica. Cioè nella forza del legame che un ideale comune stabilisce tra coloro che si riconoscono nella medesima famiglia politica socialista. Nei valori che costituiscono gli ideali di fondo su cui si basa il socialismo fin dalla sua origine: libertà, eguaglianza, fraternità. Conosceva personalmente i leader del socialismo di tutto il mondo e con essi era cresciuto fin dalla frequentazione delle organizzazioni giovanili internazionali, conservandone la confidenza che gli permetteva, parlando con un socialista di qualsiasi al paese, di esprimersi pressochè senza intermediazione, di aggredire i temi col modo franco e diretto, ma al tempo stesso solidale e fraterno, che gli era caratteristico. La cifra comune dei leader socialisti mondiali, nella stagione di Craxi, era proprio il modesto tasso di ipocrisia e di pregiudizio con cui essi si approcciavano reciprocamente. Non che fosse un paradiso terrestre, beninteso, ma quella del socialismo internazionale, di cui era un esponente di primissimo piano, era una comunità in cui il rapporto diretto funzionava ancora, proprio per la mancanza del dogma dell’obbedienza caratteristico di altre comunità. Questo carattere ha reso speciale quella stagione e ha reso speciale Craxi: potersi permettere di non chiedersi, prima di fare una cosa giusta che si sentiva di dover fare, cosa ne avrebbe pensato Mosca, o cosa ne avrebbe pensato Washington, o cosa, ancora, il Vaticano, o qualsiasi altra obbedienza; mentre in altre comunità politiche, anche in Italia, la consonanza con entità superiori era ineludibile. Forse soprattutto questo ha reso Craxi, e con lui i socialisti, così intollerabili per forze politiche della stessa sinistra di cui lui era un grande esponente. Ma per un socialista, per un socialista tricolore, umanitario, profondamente democratico e libertario come lui, per volere davvero la libertà altrui, bisogna essere, prima di tutto, liberi, nello spirito, nel pensiero e nella persona. E per Bettino, come sappiamo, la libertà equivaleva allo stesso esistere.
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