Con un vero e proprio rush finale, tra il 29 e il 30 novembre l’Assemblea costituente ha approvato un testo che rappresenta un vero e proprio schiaffo in faccia a milioni di egiziane ed egiziani che, nella “rivoluzione del 25 gennaio” del 2011, avevano portato in piazza le loro richieste di diritti, uguaglianza e giustizia sociale.
Si è chiusa così la settimana dei colpi di mano. Dapprima il decreto con cui il 22 novembre il presidente Mohammed Morsi (nella foto) ha arrogato a sé tutta una serie di poteri. Poi questo voto frettoloso, da parte di un organo costituente privo di autentica rappresentatività, dominato dagli islamisti del Partito libertà e giustizia e del Partito della Luce e all’interno dei quale un peso discreto, al di là dell’effettivo numero di delegati, hanno mantenuto anche le forze armate.
Domani, domenica 2, la Corte suprema avrebbe dovuto decidere sulla legittimità dell’Assemblea costituente e in molti ne prevedevano lo scioglimento. Nonostante il decreto del 22 novembre avesse stabilito che nessun organismo giudiziario poteva prendere un provvedimento del genere e avesse anche prorogato per due mesi i lavori dell’Assemblea, il suo presidente Hossam El-Gheriani ha pensato bene di risolvere la questione con 19 ore di lavori non-stop in plenaria e approvazioni frenetiche dei 234 articoli, senza concedere tempo per dibattere o presentare emendamenti.
Una fretta persino inutile, dato che chi avrebbe potuto presentare una visione diversa del futuro dell’Egitto si era da tempo chiamato fuori dai lavori assembleari, come i partiti di opposizione e i rappresentanti delle chiese cristiane. Quanto alle donne, erano solo sette su 84 all’inizio e sono risultate ancora di meno alla fine. I Fratelli musulmani plaudono al voto dell’Assemblea costituente.
Vediamo nel dettaglio come vengono affrontate alcune questioni relative ai diritti umani.
La Costituzione, intanto, non riconosce la supremazia del diritto internazionale sulle norme interne e non chiarisce come l’Egitto potrà rispettare gli impegni contenuti nei trattati internazionali sui diritti umani di cui è stato parte.
I principi della shari’a, negli articoli 2 e 219, sono definiti, come ai tempi di Mubarak, rispettivamente “fonti primarie della legge” (con gran disappunto dei salafiti, che volevano fossero le fonti “uniche”) e “regole fondamentali della giurisprudenza”. Sebbene il Principio generale IV sancisca l’uguaglianza di fronte alla legge, l’applicazione dei principi della shari’a potrebbe rafforzare l’attuale discriminazione contro le donne in materia di matrimonio, divorzio e vita familiare.
Sempre per quanto riguarda le donne, il Principio fondamentale VII le “onora” definendole “sorelle degli uomini”, “metà della società”, “responsabili della maternità”, “partner in tutti i traguardi e le responsabilità nazionali”. L’articolo 10 dice che lo stato dovrà conciliare i doveri familiari con il lavoro nella società.
Dal punto di vista dei diritti economici e sociali, il testo costituzionale non contiene garanzie contro gli sgomberi forzati (preoccupazione quotidiana per alcuni milioni di egiziani che vivono in insediamenti precari e abusivi) e l’articolo 70 non vieta del tutto il lavoro minorile.
La libertà di credo è pienamente consentita alle religioni monoteiste, mentre per le altre non sono previsti luoghi di culto.
L’articolo 45 garantisce il rispetto della libertà d’espressione, mentre quello precedente vieta “l’insulto e l’abuso nei confronti di tutti i messaggeri e profeti”.
La tortura è espressamente proibita dall’art. 36 così come è vietato l’uso nei processi di confessioni estorte sotto coercizione. Non vi è invece un divieto esplicito di infliggere punizioni corporali.
A riprova del peso avuto dalla presenza delle forze armate nell’Assemblea costituente, l’art. 198 trascina nel futuro dell’Egitto quella vera e propria ferita del diritto costituita dai processi dei civili di fronte alle corti marziali: processi che erano stati all’ordine del giorno sotto Mubarak e persino di più, con oltre 12.000 casi, nell’anno e mezzo di transizione guidata dai militari del Consiglio supremo delle forze armate.
La proposta di Costituzione approvata dall’Assemblea costituente e da questa consegnata ieri sera al presidente Morsi, sarà sottoposta a referendum popolare il 15 dicembre. Non è chiaro come si svolgerà questa consultazione in assenza della supervisione giudiziaria prevista dalla Costituzione, dato che migliaia di giudici sono in sciopero a causa del decreto del 22 novembre, che ne mina l’indipendenza.
Si preparano due settimane complicate per l’Egitto.
Nessun commento:
Posta un commento