Pubblico, giornale diretto da Luca Telese (che è anche uno degli editori) oggi non è in edicola per lo sciopero proclamato dai redattori, riuniti in assemblea.
Il motivo è la notizia anticipata dallo stesso Telese (ai giornalisti) e dall’amministratore delegato Tommaso Tessarolo (al tavolo sindacale presso la Federazione nazionale della stampa): l’assemblea dei soci convocata per lunedì per scegliere quale strada imboccare fra la ricapitalizzazione della società oppure la messa in liquidazione e l’immediata sospensione delle pubblicazioni, ha in sostanza già deciso per la chiusura del giornale.
«A poco più di tre mesi dalla sua uscita in edicola - scrivono i giornalisti e i poligrafici in un comunicato sindacale - Pubblico ha le ore contate. E noi purtroppo siamo rimasti gli unici a pensare che questo sia un epilogo inaccettabile. In questo giornale abbiamo creduto, senza sospettare che coloro che lo hanno ideato e promosso, invece, lo avrebbero messo in discussione alla prima difficoltà».
Uscito in un momento di contrazione generale delle vendite, il quotidiano ha cercato il suo posto e la sua visibilità. Ma le copie vendute non hanno raggiunto il punto d’equilibrio fissato da Telese. E quello che amareggia i giornalisti è il frettoloso abbandono di un progetto che tutti credevano «duraturo». «Chiediamo ancora una volta all’amministratore delegato e al direttore-editore di tentare le strade non ancora percorse per rilanciare questa azienda. Siamo certi che un imprenditore autenticamente illuminato e capace possa ancora salvare questo giornale che, nonostante una gestione del tutto inadeguata e costellata da scelte imprenditoriali sbagliate, ha saputo trovare il suo spazio in un mercato complesso e in crisi e prova ogni giorno a offrire ai lettori un’informazione alternativa di qualità. Grazie anche ai tanti collaboratori che ogni giorno contribuiscono alla fattura del nostro quotidiano. Collaboratori che in alcuni casi non hanno ancora visto retribuiti i loro compensi e negli altri casi non hanno alcuna certezza sul pagamento degli arretrati. Che un’azienda possa iniziare e finire il suo ciclo vitale in tre mesi è impensabile. Che la stessa azienda non abbia, in un lasso di tempo così breve, nemmeno la liquidità per pagare a tutti i suoi lavoratori le spettanze maturate è francamente inaccettabile».
Ai colleghi di Pubblico va la solidarietà dei giornalisti e dei poligrafici de l’Unità.
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