Quand’è stata l’ultima volta che, gironzolando senza meta, avete scoperto un posto figo e siete entrati? Che avete ordinato il piatto del vicino, «per provare»? Con la nuova app di Starbucks, la più recente nel business miliardario dei pagamenti mobili, anche il caffè sarà pronto al nostro arrivo, evitando attese inutili e il brivido del nome storpiato sul bicchiere («Ho detto ‘Marc con la c’, hanno scritto Cark»).
Perché Internet ha ucciso l’impulsivamente, la spontaneità. Certo, possiamo inviare emoji di dita medie, live-twittare vita e morte del bonus bebè, selezionare fidanzati in base al colore di mutanda. Ma che ne è stato dell’imbattersi in un vecchio amico al super, ritrovandosi ore dopo a passare la serata della vita in un locale sconosciuto, buste dell’Esselunga al seguito? Sarà colpa di Equitalia che «sorpresa» è diventato equivalente di «iattura»?
Il terrore della noia
Abbiamo perso il gusto dell’improvvisazione, di stupirci e in fondo divertirci. Googliamo tutto, e specie le persone; un algoritmo ci dice dove andare. Perché nella smania iperproduttiva e di certezze, anche lo svago, anche il last-minute, sono iper- pianificati, e non a caso, osservava il Sunday Times , cerchiamo inconsciamente di compensare tutto questo creando elementi falsi di casualità, come le app per il rimorchio random e i ristoranti temporanei. Odiamo i cambi di programma, abbiamo terrore della noia. Senza pensare che eliminando il rischio che qualcosa o qualcuno non ci piaccia, eliminiamo quello che ci piaccia per davvero. O non sarà questo il problema?
25 ottobre 2014 | 17:14
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