Professor Piero Ignazi, il Pd ha perso in un sol botto almeno 440mila iscritti e ora viaggia attorno a quota 100mila. Se lo aspettava?
È un dato da prendere un po’ con le molle perché siamo solo a fine settembre e perché in molti territori il tesseramente non è nemmeno cominciato. Di certo il calo di iscritti alla fine sarà molto forte ed è figlio di una disorganizzazione molto grande all’interno della nuova segreteria. Anche perché non mi sembra che ci sia una perdita d’interesse o uno sfilacciamento nel Pd. La verità è che c’è uno scarso interesse, un disincentivo totale verso l’iscrizione.
Renzi col suo 41 per cento alle Europee è riuscito dove aspirava di arrivare Veltroni? Siamo al partito liquido?
In realtà Veltroni non aveva un modello in testa. Aveva delle suggestioni varie, chiaramente influenzate da un regime culturale della destra. Dietro un calo così forte c’è semplicemente lo Statuto che definisce il Pd come «un partito di iscritti ed elettori». L’ambiguità di questa formulazione — a mia conoscenza unica al mondo — ora è venuta a galla: gli elettori ci sono — e tanti — gli iscritti non più.
L’articolo 1 dello Statuto recita: “Il Partito Democratico è un partito federale costituito da elettori ed iscritti”. Professore, sta dicendo che non esiste un altro caso al mondo in cui lo Statuto dia così tanta importanza agli elettori e così poca agli iscritti?
Io almeno non ne conosco altri. Per iscriversi ad un partito serve il cosidetto “incentivo”: una serie di vantaggi, di possibilità di farsi sentire, di prendere decisioni, di farle valere. È del tutto evidente che nel Pd d’oggi questo incentivo non c’è: perché un cittadino dovrebbe iscriversi se tutto si decide con le primarie?
Lo Statuto è quello scritto alla fondazione del Pd nel 2007, nel momento in cui si unirono Ds e Margherita. Non mi pare però che sulla dizione “partito di iscritti ed elettori” ci furono grandi battaglie o discussioni…
In realtà il dibattito ci fu. Ma rimase all’interno di una ristretta cerchia. La scelta di definire il partito in quel modo fu fatta dall’area prodiana. Senza voler personalizzare, lo Statuto rifletteva un momento di passaggio e puntava ad evitare che le vecchie strutture di Ds e Margherita mantenessero potere nel nuovo partito. La formulazione era una specie di grimaldello.
Gli elettori sullo stesso piede degli iscritti: un vestito tagliato su misura per Renzi. Che a sette anni di distanza lo sfrutta per demolire la struttura da partito novecentesco.
Quando fu scritto lo statuto Renzi non era ancora nemmeno sindaco di Firenze. Di certo però lo sta sfruttando molto bene. Lo fa affidandosi totalmente alla comunicazione che lo mette direttamente in contatto con gli elettori. Allo stesso tempo però non si sottrae al demone populista del bagno di folla. Renzi non cerca — come hanno fatto i suoi predecessori — di creare cerchie ristrette, caminetti. Per questo non vedo dietro il calo una volontà diretta, un disegno preciso. Di Renzi non ricordo un solo intervento sul tema dell’organizzazione del partito: a lui non interessa. Più che altro dunque il calo di iscritti dovrebbe farlo ricredere: il doppio incarico premier-segretario non è una buona idea.
A proposito di predecessori. Bersani grida: «Senza iscritti, addio Pd». La minoranza si farà valere sul punto?
Lo Statuto del Pd sotto la segreteria Bersani è stato modificato in un solo caso: per togliere l’automatismo segretario-candidato premier e prevedere le primarie, permettendo allo sfidante Renzi di parteciparvi. A Bersani dunque direi: complimenti! Ha avuto anni per correggere la distorsione di un partito fatto di iscritti ed elettori. E non l’ha fatto. Lamentarsi ora non mi sembra il massimo.
Al calo degli iscritti si lega anche un problema di finanziamento. E per risolverlo si pensa a cene con special guest Renzi e gli imprenditori del territorio che verseranno migliaia di euro…
Da anni ormai la quota derivante dagli iscritti è residuale nei bilanci dei partiti, anche in Italia. L’idea delle cene con Renzi è presa direttamete dal fundraising tipica dei partiti della destra, specie in America. Il modello è questo».
Anche per il futuro della forma partito in generale?
Siamo davanti ad un fenomeno nuovo che viene dall’Inghilterra. È appena stata pubblicata una ricerca che dimostra come si stia allargando la figura del “sostenitore”: si tratta di un non iscritto al partito che però si mobilita quando vengono attivate determinate campagne. In Inghilterra sono molti e attivi quanto gli iscritti. Vedremo se il fenomeno arriverà anche in Italia.
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