Sei mesi dopo le elezioni europee gli orientamenti di voto degli italianiripropongono lo stesso scenario politico. La graduatoria dei principali partiti, infatti, risulta confermata dal sondaggio odierno: il Pd si conferma al primo posto con il 38,3% delle preferenze, seguito da Movimento 5 Stelle (20,8%), Forza Italia (16,1%) e Lega Nord (8,1%). Più staccati Sel (4%), Ncd (3,2%), Fratelli d’Italia An (3,0%), Udc (1,7%) e Rifondazione (1,1%). I restanti partiti si collocano al di sotto dell’1%.
Nel complesso la partecipazione al voto risulta più elevata: gli elettori indecisi e astensionisti rappresentano circa un terzo mentre nel maggio scorso il 41,3% degli elettori disertò le urne, e a costoro si aggiunse il 3,1% di schede bianche o nulle. Rispetto alle Europee si osserva una flessione del Pd (-2,5%), una sostanziale stabilità di M5S e FI (rispettivamente -0,4% e -0,7%) e una crescita della Lega Nord (+1,9%), coerente con la crescente popolarità di segretario Matteo Salvini che si conferma il secondo leader più apprezzato dopo Renzi.
L’area moderata (Ncd e Udc) e la sinistra (Sel e Prc) nel loro insieme non mostrano variazioni di rilievo rispetto al maggio scorso: si collocano intorno al 5%. È un dato interessante in relazione alla discussione in corso sulla soglia di sbarramento prevista dalla nuova legge elettorale. Al momento entrambe le possibili alleanze supererebbero il fatidico 4% (che potrebbe essere abbassato al 3%) ma è noto che le alleanze tra partiti, con pochissime eccezioni, determinano risultati inferiori rispetto alla somma algebrica degli elettorati di provenienza. In altri termini, le alleanze fra partiti solitamente producono più disaffezione tra gli elettori dei soggetti che si coalizzano rispetto al consenso aggiuntivo e alla capacità di attrazione di nuovi elettori.
Dunque il Pd, sebbene in calo, mantiene un largo vantaggio e risulta il primo partito tra tutti i segmenti sociali con le sole eccezioni degli elettori tra 25 e 44 anni, i disoccupati e coloro che si informano prevalentemente tramite Internet, tra i quali prevale il M5S.
Come già avvenuto in modo in modo inedito alle Europee, il Pd di Renzi si conferma un partito molto trasversale, «pigliatutto» ( catch-all party , secondo la definizione del politologo Otto Kirchheimer) che si afferma tra ceti molto diversi: gli imprenditori, gli operai, le casalinghe, gli studenti e i pensionati, i più istruiti e quelli con licenza elementare o nessun titolo di studio, i cattolici praticanti, i non praticanti e i non credenti, coloro che si informano con la Tv, quelli che privilegiano i giornali e la radio, i residenti al Nord, al Centro e al Sud, nei piccoli, medi e grandi Comuni.
Nonostante questa grande trasversalità, analizzando i dati cumulati deisondaggi realizzati da ottobre ad oggi, si registrano alcuni interessanti cambiamenti nel consenso al Pd che aumenta solo tra imprenditori, dirigenti e liberi professionisti e si riduce soprattutto tra impiegati (in particolare del settore pubblico), operai e studenti; inoltre tra le donne, le persone di età compresa tra 25 e 34 anni (giovani preoccupati per il loro futuro) e tra 45 e 54 anni (famiglie con figli e spese crescenti). Infine tra coloro che si collocano a sinistra. Il Jobs act e gli effetti della crisi economica sembrano quindi alla base di questi cambiamenti. Il M5S pur mantenendo una prevalente componente maschile, aumenta tra le donne (in particolare le casalinghe), i più giovani, gli studenti e coloro che si collocano a sinistra, mentre diminuisce nelle fasce centrali di età, tra i lavoratori autonomi, i ceti dirigenti e i disoccupati.
Forza Italia riduce il proprio consenso tra le persone meno giovani e menoistruite, gli imprenditori e i ceti dirigenti, le casalinghe, i residenti nelle regioni meridionali e i cattolici; al contrario aumenta soprattutto presso artigiani e commercianti e, in misura minore, tra i giovani (25-34 anni), gli operai e i dipendenti pubblici.
Da ultimo, la Lega Nord. Il partito di Salvini risulta l’unico partito in crescita e aumenta in particolare tra i più giovani (18-24 anni) e gli adulti (45-54 anni), tra gli imprenditori e i ceti dirigenti, tra gli impiegati, gli operai e, più in generale, tra i dipendenti del settore privato nonché tra gli elettori che si collocano a destra o non si collocano politicamente.
Il cambiamento della leadership del Pd e della Lega ha prodotto un significativo incremento del consenso (testimoniato dai risultati delle Europee e dai successivi sondaggi) ma anche un profondo cambiamento della propria base elettorale. In particolare i nuovi elettori del Pd (che rappresentano circa il 40% degli elettori del partito di Renzi) hanno valori diversi ed esprimono aspettative diverse rispetto agli elettori «storici». Pertanto sono portatori di opinioni e atteggiamenti differenti rispetto al centrosinistra tradizionale.
Alla luce di questi cambiamenti Renzi sembrerebbe di fronte a un bivio, come peraltro abbiamo potuto osservare in queste settimane con il Jobs Act, la legge di Stabilità e l’ltalicum: da un lato, armonizzare domande e interessi sempre più disomogenei, facendo sintesi e cercando punti di mediazione; dall’altro puntare alla convergenza delle aspettative incentrate sul cambiamento, la modernizzazione e il superamento delle ideologie. Nel primo caso si tratterebbe di un Pd rinnovato, nel secondo di un partito post ideologico e inclusivo: il partito della nazione.
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