Un mese fa il presidente del Consiglio Renzi assicurò che la prevista cancellazione dei commissari esterni alla maturità, per risparmiare 140 milioni di euro, sarebbe stata sospesa. Purtroppo l’assicurazione è durata solo un mese, visto che un emendamento al testo della legge di Stabilità approvato dalla Camera, concordato dalla maggioranza e da Forza Italia, chiede al ministero di emanare un decreto per valorizzare «i principi dell’autonomia scolastica» e «della continuità didattica».
Tradotto dal linguaggio dei burocrati ministeriali che devono avere ispirato il testo, questo vuol dire abolire i commissari esterni (quale maggiore continuità didattica che quella di far valutare i maturandi dai propri insegnanti?). Che il significato sia questo lo rivela non soltanto un allarmato post di Giorgio Allulli, ricercatore dell’Isfol che aveva promosso un appello per conservare i commissari esterni, ma anche il fatto che l’emendamento contenga un cenno alle «economie» che in tal modo si verrebbero a creare. Come è evidente, un esame di maturità affidato a valutatori completamente interni perderebbe ogni ragion d’essere, eliminando così un momento rilevante nella formazione dei nostri giovani. È l’esame di maturità, infatti, la prima vera prova in cui uno studente deve fare appello soprattutto a se stesso.
È per questo che, nonostante la relativa facilità testimoniata dalle altissime percentuali di promossi, quell’esame continua a conservare una funzione, risponde anzi a un bisogno degli stessi studenti di essere trattati seriamente.
L’esame burletta che si verrebbe a creare con la commissione tutta interna andrebbe invece nella direzione opposta. Per riprendere uno slogan del presidente Renzi, più che far cambiare verso al nostro sistema scolastico rappresenterebbe un ulteriore passo in avanti lungo una via battuta da tempo, quella della sempre maggiore facilitazione degli studi e della deresponsabilizzazione degli studenti.
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