Doveva capitarci anche questa. Assistere alla lite fra un vecchio demagogo e un neo demagogo. Da settimane Massimo Giletti, conduttore de «L’Arena» (Rai1, domenica, ore 14), e Mario Capanna, ex leader storico del ’68, ex deputato di Democrazia proletaria, si stavano punzecchiando a distanza sul tema dei vitalizi.
La tesi di Capanna è questa: «Prendo un vitalizio di 5.000 euro al mese, ma non sono un privilegiato, quei due vitalizi me li sono meritati e la riduzione del dieci per cento è sbagliata perché non si possono toccare i diritti acquisiti».
La tesi di Capanna è questa: «Prendo un vitalizio di 5.000 euro al mese, ma non sono un privilegiato, quei due vitalizi me li sono meritati e la riduzione del dieci per cento è sbagliata perché non si possono toccare i diritti acquisiti».
I diritti acquisiti dei pensionandi si possono toccare, quelli di Capanna no. Capanna bisognerebbe ignorarlo, con i vecchi reduci è difficile intavolare discussioni. Certo, quando urla a Giletti: «Noi paghiamo il canone per farci rincoglionire da te e dagli altri come te!» sembra un vecchio bufalo che con la coda si scrolla di dosso le mosche che infastidiscono il suo riposo.
Il più sorprendente, però, è Giletti. Qualcuno deve avergli suggerito che lo «schienadrittismo» è una tecnica che in tv paga. Accusato di suscitare liti sull’insignificanza, ha preso di mira i vitalizi dei parlamentari e soprattutto, lui nato nella bambagia dell’azienda tessile di famiglia, si atteggia ora a paladino del popolo, quasi fosse un Santoro o un Formigli: «Qualche giorno fa ero a Termini e c’era una cassettina “per Isabella”. Isabella era una mamma che tutti i giorni partiva con l’autobus da Pomezia alle 4 per raggiungere Termini e poi da lì prendeva un’altra metro per andare a lavoro. Isabella è morta d’infarto. Io lavoro per gente come Isabella, non per gente come lei». Sì, ciao.
Poi la nostra neo «schienadritta», prima di parlare del Festival di Sanremo, fa un gesto esecrabile, scaglia a terra un libro, una biografia di Capanna, che l’ex sessantottino aveva portato in studio per un fugace «lancio» promozionale. È proprio della demagogia non aver vergogna di ripetersi.
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