La Russia era pronta a innalzare lo stato d’allerta nucleare se le tensioni di un anno fa attorno alla Crimea avessero preso una piega pericolosa. A rivelarlo è il presidente russo Vladimir Putin in un’intervista alla tv Russia 1, registrata giorni fa e andata in onda oggi, mentre continua il mistero sull’assenza dalla scena pubblica - ormai da dieci giorni - del leader del Cremlino.
Anticipazioni del documentario, intitolato «Crimea, ritorno alla madrepatria», erano già state trasmesse la settimana scorsa. Nel trailer Putin raccontava di come decise in una notte di riportare la Crimea in seno alla Russia. Ma l’intervista ripresa oggi dai media internazionali, alla vigilia del primo anniversario del referendum con cui la penisola sul Mar Nero decise l’annessione alla Russia, contiene ulteriori dettagli sui giorni che cambiarono i rapporti tra la Russia e il resto del mondo.
Dalle conversazioni dell’epoca con controparti occidentali, non era chiaro - ha ammesso Putin - se queste sarebbero intervenute militarmente. E alla domanda se la Russia fosse pronta ad allertare le sue forze nucleari, il capo del Cremlino ha risposto senza indugi: «Eravamo pronti a farlo. Dissi francamente ai miei colleghi (occidentali, ndr) che la Crimea è nostro storico territorio. I russi ci vivono, erano in pericolo, non potevamo abbandonarli». La decisione alla fine non fu presa perché Putin riteneva che «nessuno avrebbe voluto arrivare a un conflitto mondiale». «Noi eravamo preparati al peggio, ma sapevo che non saremmo arrivati a tanto», ha spiegato.
Per Putin il colpo di Stato fu messo in atto a Kiev dai «burattinai» americani per destituire il presidente ucraino Viktor Ianukovich, che «i nazionalisti addestrati dagli Stati Uniti volevano eliminare fisicamente». Fu la Russia a pianificare la sua fuga per «salvarlo». E a fine febbraio Putin ordinò ai vertici dei servizi speciali e della Difesa di occuparsi anche della Crimea, dove - ha confermato il presidente - furono inviate forze russe. Pochi giorni dopo, apparvero soldati senza simboli sulle divise, che presero il controllo di siti strategici. Non solo. La Crimea fu «trasformata in una fortezza, con oltre 40 sistemi missilisti s-300 e una ventina di batterie mobili, insieme ad altre armi pesanti», ha svelato il presidente russo. Dopo la vittoria del sì al referendum sull’autodeterminazione, Mosca ratificò l’annessione della penisola il 18 marzo.
Non è chiaro quando l’intervista sia stata registrata. Il responsabile per la stampa del Cremlino si è rifiutato anche oggi di commentare dove si trovi Putin, dopo le voci che lo davano in Svizzera per la nascita del bebè della sua presunta compagna, Alina Kabaieva, e l’ex ambasciatore israeliano a Mosca, Zvi Magen, che arriva ad azzardare l’ipotesi di un colpo di Stato. Domani è previsto un incontro con il presidente del Kirghizistan, un evento che i media dovrebbero coprire mettendo forse fine al giallo.
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