sabato 21 marzo 2015

LE POLITICHE DI DESTRA DEL GOVERNO RENZI. LUCA RICOLFI, Di quale opposizione ha bisogno l'Italia? IL SOLE 24 ORE, 15 marzo 2015

Sono passati più di vent'anni da quando, con la discesa in campo di Berluconi (1994) e l'abbandono del fascismo da parte di Fini (1995), “essere di destra” ha cessato di essere un tratto inconfessabile. In questi lunghi anni la destra è stata un po' al governo, un po' all'opposizione, ma la sua legittimità e il suo ruolo non sono mai stati veramente in discussione.



Oggi le cose stanno cambiando. Non perché gli italiani stiano tornando a demonizzare la destra, ma perché la destra, o meglio le forze politiche che pretendono di rappresentarla, stanno accuratamente distruggendo quel poco che in vent'anni erano riuscite a costruire. Lo spettacolo è davvero penoso. La Lega di Salvini ha dimenticato di botto le sue radici federaliste, liberiste e anti-centraliste, e si sta ridefinendo essenzialmente come forza anti-immigrati e anti-Europa. In questo processo, che per ora la premia elettoralmente, ha già perso un pezzo dell' elettorato veneto e un leader importante, come il sindaco di Verona Flavio Tosi. Del partito di Alfano non è neppure il caso di parlare, tanto la sua immagine è schiacciata su quella del governo, di cui appare come una semplice e pallida ombra. Resterebbe Forza Italia, ma non è chiaro neppure quante siano le fazioni che se ne contendono le spoglie, dopo che il patto del Nazareno ha innescato la balcanizzazione del partito.
Qualcuno ora ipotizza che, tornato libero (fine dell'affidamento ai servizi sociali) e resuscitato politicamente (assoluzione nel processo Rubi), Berlusconi possa rimettere insieme i cocci del suo partito, rilanciare Forza Italia, e da quella posizione tornare a svolgere il ruolo di federatore del centro-destra. Sarò ingenuo, ma mi sfugge completamente come una tale operazione possa andare in porto.
Contro la ricostituzione di uno schieramento di centro-destra, capace di contendere il governo a Renzi, militano ragioni minori ovvie, e ragioni maggiori forse meno ovvie. Fra le ragioni ovvie: le 6-7 fazioni in campo sono litigiose e avide di potere; Berlusconi non si farà da parte, ma ormai la sua presenza è un “valore sottratto” più che un valore aggiunto;
il premio di maggioranza previsto dall'Italicum non va alla coalizione ma al partito (un'incredibile concessione di Berlusconi al Pd di Renzi). Ci sono però anche ragioni più serie, ovvero più strutturali, per cui la ricostituzione di un'opposizione di destra credibile, competitiva con il “partito di Renzi”, appare oggi un'impresa disperata.
Le riassumerei con una domanda: c'è bisogno di una destra oggi in Italia? Per certi versi sì, su terreni secondari come le politiche dell'immigrazione, o la lotta contro la criminalità, in cui è chiaro che il duo Renzi-Alfano non è in grado di intercettare il sentimento di tanti elettori, sconcertati dall'impotenza dello Stato di fronte al mancato rispetto delle regole.
Ma sulle cose fondamentali, sulle cose da cui dipende il futuro economico-sociale del Paese, forse non è una ricomposizione dello schieramento di destra quello che manca all'Italia. È vero, quello di cui avremmo bisogno è una scossa di tipo liberale al sistema, che faccia dimagrire lo Stato e ridia ossigeno ai produttori.



Il punto, però, è che, quando ha governato, la destra non è mai stata né capace né incline a fornire una tale scossa. E quel poco (e spesso pasticciato) che Renzi sta facendo in questa direzione, è comunque di più di quello che la destra ha saputo fare quando era al comando. Il dramma dell'Italia è che né la destra né la sinistra hanno una matrice liberale, ma la sua anomalia – ciò che rende, anche in questo, eccezionale il nostro straordinario paese – è che la destra, questo carrozzone che ora Berlusconi si accinge a rimettere in cammino, è ancora meno liberale della sinistra
Detto più esplicitamente, e ancora più crudamente: nulla assicura che, se andasse al governo, l'ennesima ammucchiata guidata da Berlusconi non finirebbe, come in passato, di lasciarsi paralizzare dai contrasti interni. Questo significa che Renzi va lasciato lavorare in pace, e che non c'è alcun bisogno di un'opposizione?
Tutt'altro, di un'opposizione c'è sicuramente bisogno. Il mio dubbio è che l'opposizione che servirebbe oggi in Italia sia un'opposizione di destra. Renzi è già abbastanza di destra da lasciare ben poco spazio a un'opposizione dello stesso tipo. Pensate a quel che ha fatto o sta facendo sulla Costituzione, la legge elettorale, l'articolo 18, i tagli alla spesa pubblica, la riduzione dell'Irap, gli sgravi sul costo del lavoro, la riforma della magistratura (responsabilità civile dei giudici), la gerarchia nella scuola (potere di assunzione ai presidi). Vi sembrano cose di sinistra?


No, sono cose ragionevoli, più che ragionevoli, ma abbastanza di destra. Tutta la destra che l'Italia può realisticamente concedersi sta già nell'agenda di Renzi. E infatti Renzi miete consensi anche nell'elettorato tradizionale della destra, fra i lavoratori autonomi, i professionisti, gli imprenditori.
Il punto debole di Renzi, sul piano sociale, sono gli esclusi, gli outsider, le donne e i giovani cui ama rivolgersi ma per i quali sta facendo pochissimo. Impegnato com'è a catturare il consenso di entrambe le basi sociali, quella tradizionale della sinistra (con gli 80 euro in busta paga) e quella tradizionale della destra (con il Jobs Act), Renzi sta scordando la Terza società, fatta di disoccupati, lavoratori in nero, donne e giovani “scoraggiati” che un lavoro non lo cercano più perché hanno perso ogni speranza di trovarlo.
Sono 10 milioni di persone, cui pensano in pochi, e che non sembrano interessare né la destra né la sinistra, né il governo né l'opposizione, né i populisti alla Grillo né i nostalgici alla Landini e Cofferati. Ecco perché dico che ci vorrebbe una vera opposizione, ma nulla fa pensare che avremo il piacere di vederne presto una in campo.

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