La fiducia dei cittadini nella Ue è crollata nel corso della crisi. Nei paesi del Nord la sfiducia è recente e riguarda le istituzioni europee. In quelli del Sud si registra un’insoddisfazione generalizzata rispetto ai livelli di democrazia. Da dove ripartire per una maggiore integrazione.
di Silvia Merler* (lavoce.info)
Poca fiducia nella Ue: i dati di Eurobarometro
A fine giugno, i presidenti di Banca centrale europea, Commissione, Consiglio e Eurogruppo pubblicheranno un rapporto con proposte per un rafforzamento della governance economica dell’unione monetaria. Nel frattempo, può essere utile esaminare gli ultimi dati disponibili di Eurobarometro per capire com’è cambiato, nella zona euro, l’atteggiamento degli europei nei confronti dell’Europa.
La fiducia nelle istituzioni europee è molto bassa. Non è una novità: dal 2008 è diminuita ovunque, nell’area euro, e più marcatamente nei paesi che hanno subito programmi di aggiustamento.
La fiducia nelle istituzioni europee è molto bassa. Non è una novità: dal 2008 è diminuita ovunque, nell’area euro, e più marcatamente nei paesi che hanno subito programmi di aggiustamento.
Prima della crisi, quasi il 75 per cento degli intervistati nei paesi del Sud dichiarava di avere fiducia nel Parlamento europeo, nella Commissione e nella Bce. A fine 2013, la percentuale era scesa al 25 per cento. La figura 1 mostra che recentemente la fiducia nelle istituzioni europee sembra essersi ripresa in Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo (Sud), così come in Francia e in Italia (Centro), mentre è rimasta invariata nei paesi del Nord.
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Le parole associate all’Europa
Dietro al calo di fiducia c’è un cambiamento nel significato che l’Europa sembra avere per gli europei. Eurobarometro comprende una sezione in cui si chiede agli intervistati che cosa significhi per loro personalmente l’Ue. La figura 2 riporta la percentuale di coloro che hanno menzionato, nel rispondere, determinati concetti. Tra 2008 e 2014, la percentuale d’intervistati per i quali l’Ue è associata all’idea di “prosperità economica” e “democrazia” è aumentata nel Nord, ma diminuita nel Centro e nel Sud. La percentuale d’intervistati che associano l’Ue all’idea di “disoccupazione” è invece aumentata significativamente in tutti gruppi.
Emerge anche un calo più generalizzato della soddisfazione riguardo al processo democratico, sia in Europa sia a livello nazionale. In Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo, la percentuale media d’intervistati che dichiarano di essere “molto soddisfatti” o “abbastanza soddisfatti” della “democrazia in Europa” è scesa da 60 a 30 per cento. Il senso di soddisfazione riguardo alla democrazia nel proprio paese è in caduta libera dal 2007, passando dal 70 a poco più del 20 per cento degli intervistati.
Non va meglio per i governi nazionali
C’è un altro aspetto importante in questa storia, che ha a che fare con la fiducia “relativa”. A sette anni dall’inizio della crisi, i cittadini dei paesi del Sud e Centro dell’area euro continuano ad avere più fiducia nell’Ue che nei governi nazionali. Prima della crisi, lo stesso valeva per i paesi del Nord, benché il divario di fiducia a favore dell’Ue fosse minimo (figura 4). La fiducia nelle istituzioni nazionali è letteralmente crollata nel Sud, segnale di una crisi ampia e generalizzata della leadership e delle istituzioni politiche nazionali. Nei paesi del Nord, invece, la fiducia nell’Ue è scesa nettamente sotto quella nei governi nazionali.
In conclusione, questi dati rivelano alcuni fatti interessanti, in attesa della pubblicazione del rapporto sulla governance dell’unione monetaria.
Primo, la fiducia nell’Ue è diminuita molto durante la crisi. Il recente miglioramento è incoraggiante, ma è da livelli storicamente molto bassi.
Secondo, la fiducia nell’Ue è crollata anche perché il significato di Ue per gli europei è cambiato. L’Ue è sempre meno associata all’idea di prosperità economica e democrazia, anzi per un numero sempre maggiore di europei, ha finito per diventare sinonimo di “disoccupazione”. Qualsiasi iniziativa volta a rafforzare l’Unione monetaria e l’integrazione europea dovrà affrontare questo problema e ricostituire un significato positivo per l’Ue agli occhi dei cittadini europei.
Primo, la fiducia nell’Ue è diminuita molto durante la crisi. Il recente miglioramento è incoraggiante, ma è da livelli storicamente molto bassi.
Secondo, la fiducia nell’Ue è crollata anche perché il significato di Ue per gli europei è cambiato. L’Ue è sempre meno associata all’idea di prosperità economica e democrazia, anzi per un numero sempre maggiore di europei, ha finito per diventare sinonimo di “disoccupazione”. Qualsiasi iniziativa volta a rafforzare l’Unione monetaria e l’integrazione europea dovrà affrontare questo problema e ricostituire un significato positivo per l’Ue agli occhi dei cittadini europei.
Terzo, nei paesi del Sud esiste un’insoddisfazione generalizzata nei confronti della democrazia, a livello nazionale ed europeo. Future iniziative non potranno permettersi di ignorare questo deficit democratico percepito; e il potenziamento dell’accountability europea dovrà essere una priorità.
Infine, i paesi del Sud dell’area euro continuano ad avere più fiducia nell’UE che nel loro governo nazionale, ma questo non è più vero nei paesi del Nord. Ne consegue che la spinta verso un rafforzamento dell’integrazione europea dovrà venire dai paesi del Sud-Centro, perché dal Nord – tradizionale motore dell’integrazione europea – non arriverà.
Infine, i paesi del Sud dell’area euro continuano ad avere più fiducia nell’UE che nel loro governo nazionale, ma questo non è più vero nei paesi del Nord. Ne consegue che la spinta verso un rafforzamento dell’integrazione europea dovrà venire dai paesi del Sud-Centro, perché dal Nord – tradizionale motore dell’integrazione europea – non arriverà.
Una versione più estesa dell’articolo è disponibile in lingua inglese su www.bruegel.org
* È Affiliate Fellow presso Bruegel. Laureata in Economia e Scienze Sociali presso l’università Bocconi di Milano, ha anche lavorato come Economic Analyst presso la DG for Economic and Financial Affairs della Commissione Europea. Il suo interesse di ricerca principale è la Macroeconomia Internazionale. Durante il suo lavoro a Bruegel ha lavorato, tra gli altri, su diversi aspetti della crisi del debito sovrano e sulla politica monetaria.
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