Una sorta di dichiarazione di indipendenza della scuola pubblica che si sente attaccata nelle fondamenta: la collegialità, la libertà di insegnamento. "Siamo contrari al sistema di valutazione introdotto dalla legge 107 perché comporta uno sterile aumento della competizione individuale tra gli insegnanti — si legge nel documento dell’Ic 14 — determina una forte gerarchizzazione e aziendalizzazione della scuola pubblica e spinge i docenti a uniformare la didattica". Una protesta che si sta allargando a macchia d’olio anche in altre scuole, come alle primarie Romagnoli e Longhena, a Monte San Pietro, all’istituto Aldrovandi-Rubbiani.
All’istituto comprensivo 20, in Santo Stefano, la richiesta dei docenti è di dare il premio a tutti, in "modo egualitario, anche perché i criteri per la distribuzione sono usciti ad anno scolastico finito". Al tecnico agrario Serpieri, dove è stato deciso che chi vuole il premio deve fare domanda entro fine mese, una quindicina di docenti hanno deciso, in assemblea sindacale, di fare appello ai colleghi: "Non presentatela". I motivi di contrarietà stanno nella "concezione aziendalistica della scuola pubblica che la riforma introduce" e in un premio "che indebolisce la concezione cooperativa alla base della scuola della Repubblica, introduce criteri contrari al la libertà di insegnamento". Insomma, sì alla valutazione, ma non così. "La nostra è una scelta di coerenza — spiega la docente dell’Ic 14 Romana Veronesi — Non ci sottraiamo al giudizio, i dirigenti già ora possono dire se uno lavora bene o male oppure venga un esperto in classe mentre facciamo lezione. Vogliamo che questi soldi vadano a migliorare la scuola, a sostegno degli alunni più deboli".
Il governo ha stanziato 200 milioni per i bonus affidando a comitati di valutazione (dove siedono docenti, studenti e genitori) di stabilire i criteri e poi affidare l’ultima parola ai presidi. Il fondo ancora non è stato distribuito, si stima dai 15 ai
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