Forte astensione, persino in aumento rispetto al record del primo turno (aveva superato il 50%), maggioranza schiacciante per La République En Marche (Rem), il partito di Macron, rinnovamento drastico dei deputati, balzo in avanti di presenza femminile.
Oggi, la maratona del voto francese – iniziata nel novembre del 2016 con le primarie della destra – arriva all’ultima tappa. Emmanuel Macron ha vinto la sua scommessa: creare un terremoto politico, che ha cominciato con l’annientamento del Ps e prosegue con l’erosione della destra dei républicains (Lr).
All’Assemblea l’opposizione sarà debole: France Insomise (Fi) da un lato, il Fronte nazionale (Fn) dall’altro, hanno perso per strada un gran numero di voti, tra il primo turno delle presidenziali e il primo delle legislative (meno 61% di suffragi per il Fn, meno 55,9% per Fi). I partiti tradizionali, indeboliti, protestano. «Una maggioranza schiacciante può far correre il rischio di schiacciare il dibattito», afferma François Baroin, che ha diretto la campagna Lr e che ora vede i candidati rimasti legati al partito già anticipare voti a favore di alcune proposte del governo, che è diretto – e lo resterà anche dopo il mini-rimpasto previsto la prossima settimana – da un politico uscito dai loro ranghi, Edouard Philippe. «È in gioco la concentrazione dei poteri», sostiene l’ex ministra socialista Christiane Taubira, che prepara la creazione di un movimento per far rinascere la sinistra.
Ma il Ps è in pieno declino, mentre 5 anni fa aveva in mano tutti i poteri o quasi (dall’Eliseo a Matignon, regioni, altri enti locali e città). Anche su questo fronte, c’è stata la corsa a dichiararsi Macron-compatibili (corre voce che ci sia in vista un premio di consolazione per l’ex premier, Manuel Valls: in caso di vittoria a Evry, potrebbe ottenere la presidenza dell’Assemblea nazionale). Feroci i commenti di Jean-Luc Mélenchon, che non è riuscito a consolidare il relativo successo della presidenziale: «Qui siamo in Francia, non in Russia», dice, sottolineando che se i sondaggi si confermano ci saranno meno deputati dell’opposizione a Parigi che a Mosca. Addirittura: «Non vale la pena di fare un’Assemblea, questo si chiama dittatura». Il 61% dei cittadini preferirebbe che il secondo turno correggesse il primo, che ha dato a Rem il 32% dei voti (15% degli iscritti, tenuto conto della forte astensione), con una maggioranza ridimensionata.
Oggi ci saranno 571 duelli (230 Rem o Modem contro Lr, 57 Rem contro Ps, 104 Rem contro Fn, 70 Rem contro Fi o Pcf, 22 contro l’Udi, centro-destra) e una sola triangolare.
Rem potrebbe ottenere più di 400 seggi. Era già successo nel ’58, ai tempi della fondazione della V Repubblica da parte di De Gaulle. Allora, nasceva un nuovo mondo politico. Anche oggi la Francia è di fronte a una svolta radicale.
Rem potrebbe ottenere più di 400 seggi. Era già successo nel ’58, ai tempi della fondazione della V Repubblica da parte di De Gaulle. Allora, nasceva un nuovo mondo politico. Anche oggi la Francia è di fronte a una svolta radicale.
I cinque anni di presidenza Hollande e di governi a guida socialista sono stati deludenti, hanno lasciato un’impressione di impotenza, di indecisione. Oggi, i primi passi di Macron, prima di tutto in politica estera, hanno portato un vento di ottimismo: c’è stato un chiarimento pro-europeo. Per Macron e il governo Philippe il più difficile inizia domani, con le scelte di politica interna: la legge di moralizzazione della vita politica, che sta causando qualche problema a causa dei problemi di etica del partito del ministro che l’ha presentata (François Bayrou del MoDem, sospettato di aver usato soldi del Parlamento europeo per pagare collaboratori in Francia), è solo un assaggio. Le tensioni con la stampa non sono un bel segnale. Ma il grosso appuntamento è con la nuova riforma sulla flessibilità del lavoro, che sarà precisata in estate, per passare entro fine settembre attraverso il sistema accelerato delle “ordinanze” (leggi proposte dal governo con procedura veloce).
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