capitalistica procede in modo solo apparentemente paradossale. Per un verso, inaridisce e sterilizza il lessico, in quanto impone una galassia semantica composta da un “numero chiuso”di termini il cui scopo è sempre il medesimo: glorificare i rapporti di forza sempre più asimmetrici del capitalismo liquido-finanziario e ostracizzare aprioricamente ogni possibilità di pensare e dire altrimenti.
Per un altro verso, in modo apparentemente antitetico, viene arricchendosi di sintagmi e locuzioni che rinsaldano sempre più l’ordine simbolico egemonico di santificazione del nuovo ordine reale del capitalismo americano-centrico globalizzato post-1989.
E, così, nel proliferare delle nuove locuzioni con cui viene arricchendosi la neolingua liberista v’è un termine di nuovo conio su cui vale la pena soffermare l’attenzione, sia pure cursoriamente: “gentismo” è la nuova figura concettuale forgiata dai padroni delle grammatiche dominanti. Organica alla Destraliberista-finanziaria del Danaro, la Sinistra liberal-libertaria del Costume ha, per questa via, coniato una nuova categoria per demonizzare ogni anelito delle classi nazionali-popolari dei lavoratori: “gentismo” è la nuova etichetta con cui il pensiero unico politicamente corretto ostenta il suo disprezzo per la gente comune, per i lavoratori, per le masse nazionali-popolari, irredimibilmente colpevoli di volere un posto di lavoro e dignità sociale, protezionismo economico e più Stato, e poco attente ai matrimoni gay, al culto dell’immigrazione di massa, al veganesimo modaiolo, al genderismo militante e alle richieste femministe.
“Gentismo” dice il disprezzo della aristocrazia finanziaria dominante per la gente comune, proprio come “populismo”esprime l’odio palese che suddetta aristocrazia mondialista prova per il popolo realmente dato. È bene decostruire la neolingua, svelando gli occulti rapporti di forza che essa nasconde e legittima.
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