Gesù. Quell’ “idiota” che ebbe la pretesa di definirsi la “verità” al cospetto del governatore romano Ponzio Pilato (“Ego sum veritas!”), presentandosi nientemeno che come il figlio di Dio. Per questo finì in croce al posto di un ladrone che il popolo decise di salvare condannando lui.
La definizione di “idiota” gliela affibbiò il filosofo Friedrich Nietzsche, nell’opera l’Anticristo, con intento meno offensivo di quanto sembri, mentre il resto è vicenda nota per chi abbia letto il Nuovo Testamento o anche solo seguito qualche lezione di catechismo.
Noi siamo ancora qui, nell’anno 2020 d.C. (dopo Cristo, appunto), a celebrare l’evento in cui Dio si è fatto uomo mandando sulla terra suo figlio, proprio mentre il mondo umano continua a fare tutto tranne che seguire l’esempio di vita fornito da quello straordinario testimone della fede che è stato Gesù: “Questo lieto messaggero morì come visse, come aveva insegnato – scriveva proprio Nietzsche nel paragrafo 35 de L’Anticristo – non per “redimere gli uomini”, ma per indicare come si deve vivere. La pratica della vita è ciò che egli ha lasciato in eredità agli uomini”.
Eppure, il mondo che l’umanità ha costruito in questi due millenni abbondanti è ancora quello dove un uomo come Gesù, incline a perseguire la verità, denunciare i soprusi, combattere i potenti, opporsi a un clero troppo ricco e potente, operare in vista della giustizia (soprattutto terrena), verrebbe fermato, arrestato, condannato mentre i veri “ladroni” godono del favore generale, e quindi ucciso.
Il mondo odierno è ancora anche quello in cui perfino le idee del Cristo, a cui pur facciamo vanto di richiamarci definendoci “cristiani”, nonché celebrandolo con riti mondani e consumistici indegni del messaggio che egli ci ha lasciato, vengono puntualmente tradite e smentite.
Non soltanto dai potenti e dai governanti che poco o nulla fanno per costruire scenari in cui le stelle comete siano la fratellanza, la giustizia, l’uguaglianza, il rispetto della vita umana e dell’ecosistema che la ospita, tutti elementi che invece vengono puntualmente sacrificati sull’altare di un sistema rivolto esclusivamente al profitto finanziario e al progresso tecnologico.
Ma anche da quel popolo sempre pronto a scorgere nemici da incolpare e combattere (immigrati, emarginati, diversi, altri), oppure trame e complotti in virtù dei quali sentirsi giustificati a non rispettare regole e leggi, fino al punto di non ritorno davanti a cui ci ha messo la pandemia: moltissimi individui incapaci di rispettare le regole sanitarie (definendole “regime”), quindi pronti a scendere in piazza e a battersi perché il virus non fermi il profitto, il divertimento, il grande gioco dell’apparenza, e pazienza se a morire sarà qualche migliaia di anziani o già malati.
Nel mezzo, fra i potenti che hanno smarrito il senso di responsabilità e un popolo che in larga parte si è liberato del senso di comunità, troneggia l’ignavia delle solitudini comunicanti: coloro che si disinteressano delle grandi questioni che affliggono l’umanità, mentre sono esclusivamente impegnati a imparare l’uso dei filtri con cui migliorare le proprie fotografie da condividere in rete.
Oppure intenti a riprendere qualunque momento insignificante della propria esistenza quotidiana, alla ricerca famelica di like, notifiche, commenti, cioè di quelle attenzioni che potrebbero ricevere in quella vita reale che invece ignorano sempre più, incantati dalla forma di ipnosi esercitata dalla dimensione virtuale.
Gesù parlava di dialogo, ascolto, comprensione, accoglienza, uguaglianza, responsabilità, attenzione verso se stessi e il prossimo, rispetto per gli altri e per la natura. Se consideriamo tutto questo, confrontandolo con ciò che siamo in larga parte diventati, dobbiamo onestamente ammettere che “Giuda siamo noi”. Siamo noi a tradire anche oggi quell’ “idiota” in croce che già a suo tempo fu osteggiato, emarginato e perseguito dalla famiglia, dai potenti, dal suo stesso popolo.
Noi che abbiamo l’indecenza di voler celebrare a tutti i costi il Natale con modalità “anticristiane”, quest’anno per giunta lamentosi per il fatto che l’emergenza sanitaria non ci permetterà di “divertirci” a sufficienza. Facciamoci pure gli auguri di buon Natale, ma almeno con la decenza di non tirare in ballo la venuta al mondo di quel Signore che ci ha lasciato un insegnamento di cui siamo ancora oggi (proprio oggi) pessimi discepoli.
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