«In queste ore, se ne vedono partire tante di operazioni disperate». Sarà pure, ma quando a scendere ufficialmente in campo è Giulio Tremonti, ex superministro dell'Economia e uomo più potente del governo Berlusconi, è lecito chiedersi se il giudizio impietoso e liquidatorio con cui la politica ha accolto la notizia non sia prematuro. Di certo la «cosa» tremontiana, quel nome e simbolo depositati in gran segreto già dall'autunno 2010 stanno per diventare realtà. Fu proprio l'Unità a darne notizia l'estate scorsa, raccontando come nel novembre di due anni fa, nel momento in cui l'allora premier Berlusconi affrontava la spallata (poi fallita) di Fini, forse a titolo precauzionale Tremonti si era mosso in prima persona. L'interessato ci rispose con una lettera in cui sostanzialmente confermava l'avvenuto deposito: «Non un partito ma una cosa», scrisse. Con un nome che inizialmente parlava di «Futuro», ma poi data l'inflazione (finiana e montezemoliana) del concetto era virata nei dintorni di «Positivo». Nulla più, chiosava, «il resto sono fantasie senza futuro».
A quanto pare no. L'ex superministro, nel 2011 indicato come possibile premier di un governo tecnico e poi affossato politicamente dal caso Milanese, ha deciso di valicare il suo Rubicone. Non si chiamerà Lista Tremonti, chissà se il nome resterà un'ottimistica professione di fede nell'avvenire o se la crisi ha portato a scelte diverse
E di certo Tremonti ha sciolto la riserva all'ultimo momento utile per restare nel (frastagliato se non accidentato) campo politico che si prepara alla campagna elettorale del 2013. Con un'intervista al “Corriere della Sera” in cui annuncia una lista civica aperta ai giovani e alla società civile, l'inno di Mameli come colonna sonora, e un proprio manifesto politico-economico. Le tesi sono cavalli di battaglia: contro lo strapotere dei mercati finanziari, per il recupero della sovranità nazionale «e della dignità personale», per la regolamentazione dei derivati e dello spread «speculativo». Parecchie le punture di spillo. La Merkel ha scoperto che i mercati non sono al servizio del popolo? È diventata grillina «anzi tremontiana». Il governo Monti? Bocciato proprio in economia: questa crescita “è scritta sulla sabbia” e anche sull'azione internazionale del Professore l'ex ministro mostra delle riserve. Parola d'ordine: «Tornare padroni a casa nostra o verremo colonizzati».
E Giulio riserva parole di ghiaccio anche al suo ex partito: «Il piano anti debito è un piano P come Pinocchio, irrealistico dismettere il patrimonio con quei tempi e numeri». E pazienza se il povero Alfano ha scritto una garbata rettifica al professor Giavazzi per dire che è stato frainteso sulle cifre. Ma ce n'è per tutti: «Non starò dentro i partiti vecchi, non con i generali di armata morta, non con le marionette di se stessi». Chissà se a Berlusconi sono fischiate le orecchie. Alfano ha sibilato un gelido «tanti auguri». Il commercialista di Sondrio era già fuori dal Pdl, senza possibilità di rientrarvi. Non tanto perché fosse – e lo era – inviso all'intero gruppo dirigente. Ma perché Berlusconi lo ritiene colpevole di aver provocato la caduta del suo governo, all'epoca del drammatico vertice di Cannes in cui l'Italia rischiò di essere commissariata, rifiutandosi di avallare il decretone di fine anno con le misure per la crescita. E la lettera del Quirinale che confermava le perplessità dell'allora ministro su quelle misure è stata una pietra tombale sui rapporti tra i due.
L'Operazione di Tremonti, dunque è chiara. Punta a una exit strategy. Un'«Uscita di sicurezza» come il titolo del suo libro che gli ha consentito di girare l'Italia per le presentazioni e sentire così il polso della gente. Per se stesso però. Dopo che la Lega è stata scalata da Maroni anche la strada della tessera onoraria si è chiusa: «Il mio amico nel Carroccio è Bossi» ha sempre ammesso con sincerità Tremonti. Anche Umberto ora non se la passa bene. E molti si chiedono chi potrebbe salire sul carro di Giulio, o viceversa. C'è l'area riformista-liberale che si va aggregando intorno al manifesto di Oscar Giannino, ma anche a quel puzzle mancano molti tasselli. A partire dal leader: Montezemolo è ancora saldo ai box, Fini e Casini osservano dai lati, gli under 40 pensano a Irene Tinagli, ma il sogno selvaggio è Renzi. Un marasma in cui lo spazio per Tremonti non si vede. Anche perché, raccontano, i rapporti con Giannino si sono molto raffreddati.
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