Lo studioso statunitense del Washington Institute Jacob Olidort ha analizzato 112 «libri di testo» utilizzati da Isis nelle classi con l’obiettivo di spiegare quali argomentazioni politiche e religiose vengono utilizzate. Prodotti da una divisione del Califfato, la Zeal Presse, questi testi si basano su un meccanismo piuttosto complesso, lo stesso usato nei pamphlet distribuiti nelle strade per spiegare, ad esempio, come mai le donne debbano girare coperte dal velo integrale. Secondo Olidort, il “trucco” è di coniugare i temi del salafismo (movimento sociale che si ispira a una specifica dottrina teologica e legale) e della tradizione sunnita con la dottrina sulla creazione e il rafforzamento dello Stato islamico. Il tutto condito da argomenti apocalittici e di incitamento alla violenza. Chi si rifiuta di difendere questa visione non è un vero musulmano. Esempio classico di questo meccanismo è il concetto dihijra, migrazione, rivisto e manipolato come obbligo di trasferimento in uno dei territori del Califfato. Anche i precetti di elemosina e di pietà vengono rivisti in chiave di obbligo e di obbedienza. «In questi due anni i contenuti sono cambiati. All’inizio enfatizzavano maggiormente i concetti di martirio e di battaglia. Nel 2015 i temi religiosi e i precetti di osservanza sono diventati più frequenti. La religione è diventata dunque un mezzo per rafforzare le loro argomentazioni», spiega al Corriere Jacob Olidort.
Un volantino distribuito nelle classi
Per la creazioni dei manuali Isis si è ispirata ai testi salafati del saudita Muhammad ibn Abdul Wahhab. Su questa base viene innestato il simbolismo di Isis, dalle armi, passando per i coltelli, fino al mito della forza. Ed è questa la novità rispetto ad altri gruppi salafiti. «La “Isisizzazione delle scuole”», così Olidort chiama . Ogni materia, anche la matematica, è finalizzata al lavaggio del cervello. Per insegnare a contare si usano domande come questa «Se lo Stato islamico ha 275.220 eroi in battaglia e gli infedeli ne hanno 356.230 chi ne ha di più?». A livello storico si parte dalla vita del Profeta fino ad arrivare alla creazione dello Stato Islamico nel 2014, con il chiaro obiettivo di legittimare Al Baghdadi come Califfo In alcuni quiz viene chiesto agli alunni di definire «il politesimo», “la natura della missione del Profeta», «l’apostasia», la «fratellanza», la «conquista». Per insegnare la lingua inglese si utilizzano frasi tipiche del linguaggio militare come «Chiedi a qualcuno di pulire la mia pistola». Alla teoria, poi, segue la pratica. In alcuni campi di addestramento vicino a Raqqa ai bambini vengono fornite bambole dai capelli biondi da decapitare. I ragazzini devono diventare la «jihadi generation» di domani. Perché «l’obiettivo è che anche i bambini contribuiscano efficacemente al funzionamento del Califfato. E questo significa, ad esempio, che siano fisicamente in forma e sappiano utilizzare le armi», conclude Olidort.
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