La vittoria di Giorgia Meloni alle politiche di settembre 2022 e quella di Elly Schlein alle primarie del Partito democratico, inducono qualche riflessione su quale deve essere il profilo comportamentale di un partito oggi. La maggioranza relativa degli italiani vorrebbe avere dei partiti sempre coerenti tra quello che promettono e quello che fanno (43 per cento). In seconda battuta non disdegnano quelle realtà politiche che si dimostrano flessibili, capaci di adattarsi a una realtà sempre più complessa e mobile (25 per cento). Piace molto meno il partito che fa compromessi e sono solo il 13 per cento gli italiani che apprezzano. Infine, il partito fortemente legato ai propri princìpi è un’idea che piace solo al 6 per cento degli elettori (la quota restante non si esprime).
Se lasciamo i lidi del dato medio e ci addentriamo nelle disaggregazioni socio-demografiche, possiamo osservare le pulsioni che aleggiano nelle diverse dimensioni sociali, anagrafiche o di collocazione politica. Il partito coerente tra quello che dice e quello che fa è uno dei leitmotiv strutturanti l’elettorato di sinistra (61 per cento, rispetto al dato medio del 43) e centrosinistra (48 per cento). È un tratto che interessa meno la Generazione Z (28 per cento), mentre è molto avvertito dai Baby boomers (54 per cento). Dal punto di vista geografico, è un fattore cui tengono maggiormente gli elettori del centro sud (48 per cento), mentre è più affievolito nel centro nord (39 per cento). Nell’arco delle differenze di percezione tra le professioni, il tema della coerenza ha meno presa tra i professionisti e i lavoratori autonomi (31 per cento), rispetto alla valenza centrale che viene assegnata da pensionati (59 per cento) e casalinghe (46 per cento). Infine, nel confronto tra le posizioni espresse dalle diverse classi sociali, sono le persone che si autocollocano nei ceti popolari a dare alta valenza al tema della stretta connessione tra promesse e fatti (51 per cento).
Il partito tutto d’un pezzo ancorato ai princìpi è un profilo che sembra un po’ fuori moda. Agognano un partito di tal fatta quote minoritarie di studenti (16 per cento rispetto al dato medio del 6), Millennials (10 per cento), elettori di sinistra (8 per cento), nonché i cattolici praticanti (10 per cento). Basso è l’interesse anche per il partito che si muove sul crinale dei compromessi, anche se giusti. Una maggiore disponibilità verso questo tipo di atteggiamento politico la troviamo tra gli elettori di centro (22 per cento rispetto al dato medio del 13), tra i supporter del centrodestra e nella Generazione X (entrambi al 19 per cento), tra i residenti in Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche (22 per cento), tra gli operai (21 per cento) e i piccoli imprenditori (25 per cento). Molto basso è l’appeal del compromesso tra i pensionati (6 per cento), i disoccupati (7 per cento), i residenti nelle grandi città (7 per cento) e, in particolare, chi vive nelle Ztl (8 per cento). L’idea di un partito flessibile che, senza eccessi nei compromessi, sa adattarsi a una realtà sempre più cangiante e complessa, è un profilo che convince un quarto degli italiani e mostra segni di vitalità in diversi segmenti sociali. Questo tipo di partito piace al 35 per cento degli elettori di centrosinistra (10 punti in più rispetto alla media), ma piace anche ai loro dirimpettai di destra (33 per cento); attira l’attenzione del 30 per cento della Generazione Z, degli elettori residenti a nord ovest e nord est; smuove consensi nella Ztl dei grandi centri (31 per cento) e nei centri medio grandi (30 per cento); convince una parte dei lavoratori autonomi (37 per cento), dei piccoli imprenditori (36 per cento) e piace a un terzo del ceto medio.
Questo atteggiamento politico ripulsa, invece, chi vive nei centri rurali (dove l’interesse crolla al 14 per cento), i disoccupati (13 per cento), i ceti popolari (19 per cento) e gli elettori di centro (18 per cento).
ESSERE COERENTI
Complessivamente gli italiani aspirano a partiti che mostrino una maggiore determinazione coerenza politica e si sono abituati a punire quanti eccedono in movimentismo tattico, in compromessi e pendolarismo nelle posizioni. Dietro tutto questo non c’è solo il fastidio per le tante promesse fatte e non mantenute, ma c’è soprattutto, in una fase complessa e di polifonia di crisi in cui siamo, il bisogno di un impegno serio e determinato per il domani. La sfida in politica, come ricordava l’ex presidente francese François Mitterand, è sul futuro, perché le persone votano per il futuro non per il passato.
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