Le uniche liberalizzazioni che si sono realizzate in Italia in questi anni hanno
riguardato , di fatto, solo la varietà di forme di protesta utilizzate da
quanti non si sono più visti rappresentati e difesi, nonostante la loro
proliferazione numerica, da nessun sindacato, nessuna associazione, nessun
partito.
Abbiamo, così, assistito ad episodi in cui sconosciuti
operai salivano sui tetti per restarvi
mesi; incatenarsi ai cancelli delle fabbriche; darsi fuoco davanti ai palazzi
del potere; suicidarsi. Come loro, stesso destino scelto da altrettanti, sconosciuti, piccoli
imprenditori. Le potremmo chiamare, se non suonasse offensivo e grottesco nei
confronti di quanti le hanno messe tragicamente in atto, le ‘libertà della disperazione’, tante
figure diverse che hanno avuto il comun denominatore di esprimere lo stesso
sentimento di sconfitta, resa, fuoriuscita dal mondo sociale e dalla vita tout
court.
Probabilmente si tratta di quanti hanno pensato, in questo scorcio di
secolo, che si potesse ANCORA vivere, lavorando nel nome di una tradizione che
aveva insegnato ad interpretare il lavoro non come una eccezione, ma come una
norma; condividendo regole e rispettandole pure; confidando perfino nel
sentimento della vergogna.
Piccoli residui di una umanità al tramonto
travolta da ben altra ‘fiumana del progresso’: quella di chi non ha mai
lavorato, per esempio; di chi non ha mai svolto ‘lavori sporchi’; di chi è
vissuto di rendita all’ombra di rendite patrimoniali o parassitando le risorse
pubbliche nei mille modi che abbiamo visto in questi anni; di chi si è inserito
in settori per lucrare i guadagni che essi offrivano, naturalmente a
prescindere da merito e competenze; di chi penetrava nei sancta sanctorum delle
multinazionali finanziarie servendosi di reti familistiche e partitocratiche; di chi si trasformava da sedicente vecchio militante
comunista in potenziale acquirente di quote azionarie; di chi si trasformava da
sindacalista in deputato, eurodeputato o amministratore delegato di qualche
moderna entità burocratico-finanziaria sicuro di incrementare, comunque sia, la propria rendita
personale; di chi nascondeva, opportunamente, tutto questo ‘nuovo che avanzava’
ingrassando, con ‘giornalisti’ ed imbonitori compiacenti, le volgarità di una
società dello spettacolo che sarebbe poi (imprevedibilmente?) implosa nelle
stanze, non più segrete, del bunga-bunga.
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